Il senso della vita… sempre
Anche se stremata, affaticata e sacrificata, la voglia di farcela vince comunque. La storia di un non vedente
Cleto supera gli ottanta, ma Anna continua a vederlo uguale, pur malato da molti anni. Si assopisce sulla sua poltrona nel cortile di casa e gode dei raggi tiepidi di primo autunno, ma quando qualcuno lo visita, allora distende le rughe in un sorriso mite, che ricorda però ancora quelli solidi dell’età matura. Anna questo pomeriggio lo vede così. Cleto potrebbe raccontare quasi un secolo di ricordi e quando può, lo fa volentieri, ma è discreto: sa quando fermarsi. Quando è circondato dai nipoti si abbevera con garbo alla gioventù e gusta intimamente quel futuro dirompente con letizia e una buona dose di curiosità.
Non è completamente autonomo ed è diventato cieco. I figli giungono ogni giorno dalla pianura dominata dai severi, ma bellissimi, colli dell’Oltrepò per organizzare e sostenere, ma è evidente che anche loro si nutrono trepidamente a quell’età e a quella fragilità umana, che è la grandezza del loro padre e della loro madre. Cleto è fortunato: l’angelo della sua sofferta vecchiaia è Luigina, la moglie che da tanti anni lo segue e lo cura e che dirige la grande casa. «Dimmi, cosa ci faccio io qui sulla terra? Dovrei essere inutile… Ma Luigina mi vuole così bene, mi adora, che non posso fare altro che starle vicino e sorriderle, dirle che è brava!».
Poi commenta alcune notizie del giornale che Anna gli legge. Luigina arriva, controlla, gli accarezza il viso e se ne torna in casa, vuole offrire qualcosa, ma Anna è senza parole perché ripensa a quel «mi vuole così bene…» e a quella carezza. L’essenziale.