Il segreto di Alessandra
Donna Alessandra Romana dei Principi Borghese: così recita il suo biglietto da visita. Un viso sbarazzino, uno sguardo limpido, dolce ed allo stesso tempo tenace, che non fa da schermo al suo mondo interiore. Protagonista di spicco degli eventi culturali e mondani del jet-set internazionale, porta con disinvoltura la storia di un nome le cui vicende si sono intrecciate per secoli con quelle di Roma e del papato. Girando per la capitale, capita sovente di vedere impresso su monumenti, palazzi e fontane l’inconfondibile stemma di famiglia. Villa Borghese, uno dei più estesi e bei parchi urbani esistenti al mondo, fu ceduta da un suo trisavolo al re d’Italia al momento dell’unificazione nazionale. Il nome Burghesius campeggia a caratteri cubitali sulla facciata di San Pietro, a perenne memoria del committente, Camillo Borghese, papa Paolo V. Ma colei che con assoluta franchezza e semplicità racconta la sua riscoperta della fede è solo Alessandra . Perché, dice, ogni differenza di casato e di censo diventa risibile davanti al Mistero nel quale ogni vita è immersa. È stato appena dato alle stampe un agile volumetto dal titolo Con occhi nuovi, (Piemme), che contiene la sua autobiografia. Gli occhi nuovi, sono quelli con cui da qualche anno guarda la vita questa giovane donna dei nostri tempi, cui non sono state risparmiate acute sofferenze, lutti, cocenti delusioni. E pur non nascondendosi quanto sia difficile e rischioso parlare di sé, rivelare i segreti della propria vita , tuttavia, Alessandra decide di provare a raccontare quella che lei stessa definisce un’esperienza interiore insopprimibile. Perché, spiega, da qualche anno la mia vita è cambiata. Ho ritrovato con pienezza una fede cristiano-cattolica mai estinta del tutto, ma certo compressa e soffocata in un angolo remoto del cuore. Non potevo più tacere. Sentivo il bisogno di farlo sapere, di dare una semplice testimonianza di come e perché una vita possa uscirne trasformata . Tali sono le pagine autobiografiche di Alessandra Borghese. Tanto più preziose, perché sono nient’altro che una testimonianza offerta in prima persona da chi non intende far altro che raccontare l’incontro accadutole e manifestare lo stupore e la gratitudine verso colui che le ha dato occhi nuovi per guardare se stessa e il mondo. Propriamente, la vicenda della principessa romana non andrebbe definita come una folgorazione sulla via di Damasco, né come una conversione in senso stretto. Si è trattato piuttosto – dice – di una conversione del cuore, dopo che per tanti anni la fede non aveva significato nulla per me. Il rimando più ovvio è al precedente illustre di Leonardo Mondadori. Due anni e mezzo fa ha fatto scalpore il racconto dell’editore, che pochi mesi prima della sua morte aveva affidato ad un libriccino rosso intitolato Conversione il racconto della sua riscoperta della fede. Per Alessandra Borghese si tratta di un viaggio del cuore, per ripercorrere con occhi nuovi e con memoria purificata i tratti salienti della sua esistenza, per rintracciare qua e là i segni misteriosi e insieme inconfondibili di una presenza che si è fatta strada con dolcezza ed allo stesso tempo con decisione. Ritorna indietro sino agli anni se- dell’adolescenza. A 16 anni, assiste impotente e disperata al suicidio di un giovane amico. Un atroce dolore, che la segnerà profondamente facendola crescere prima del tempo. Finito il liceo, Alessandra decide di andare a studiare negli Stati Uniti. Ben presto incomincia a lavorare presso l’American Express di New York, con ufficio al 104° di una delle Torri Gemelle. Durante questo periodo frequenta Giovannino Agnelli, con cui stabilisce un’amicizia profonda. Si innamora di Costantine Niarcos, un ricco armatore greco, con cui vive un tormentato matrimonio e separazione. Costantine sarebbe poi morto per droga. Saranno anni burrascosi di dolce vita, divertimenti e viaggi. Tornata a Roma, si impone sulla scena culturale organizzando esposizioni d’arte di grande successo, tanto che l’allora sindaco di Roma Francesco Rutelli le diede un incarico speciale per la cultura. Alessandra intraprende la carriera giornalistica, ed è attualmente vaticanista del periodico Panorama. Fondamentale è in quel periodo l’incontro con Leonardo Mondadori, un’amicizia che si rivelò preziosa per la sua conversione. La svolta, anche se si tratta di una svolta radicale, avvenne del tutto casualmente, durante il week-end di mezzo agosto del 1998. Mi trovavo – ricorda – ospite della principessa Gloria Thurn und Taxis, amica di vecchia data, ai tempi della dolce vita newyorkese. Mi trovavo nel castello di Tuzing con lei e con molti altri amici. Passammo le giornate andando a cavallo, facendo sci d’acqua, giocando a golf. Venne la domenica, e con semplicità Gloria ci propose di andare a messa. Io vi partecipai per educazione, perché non ero più praticante da tempo. Lì incominciai ad intuire che per la mia amica la fede era qualcosa che c’entrava con la vita di tutti i giorni, non era una formalità, una sorta di medaglia appesa al bavero da mettere per un’ora e poi da togliere e riporre nel cassetto. Mi parve invece di intuire che si trattasse di un abito da indossare sempre, nel quale muoversi con familiarità e confidenza. Fu sempre Gloria a farle conoscere con discrezione un sacerdote renano, mons. Michael Schmitz, che l’avrebbe accompagnata nel suo cammino di fede. Anche questa volta, l’amica principessa non manca di sorprendere Alessandra. Quel sacerdote ancora giovane – ricorda – era bello, curato nell’aspetto, assai elegante nella sua semplice veste talare. In più era coltissimo, affabile, capace di tener compagnia con disinvoltura a una donna giovane, un po’ altera e un po’ viziata, come ero io allora. Mi accorsi ben presto che i miei pregiudizi avevano subìto un duro colpo. La fede cristiana, a differenza di quello che avevo pensato fino ad allora, sembrava poter convivere con la cultura, l’intelligenza, l’humor, le buone maniere. Sembrava andasse d’accordo con la vita moderna, normale, umana, persino con la vita un po’ snob quale quella che si conduceva nel mio ambiente. Capii – continua – che, quanto meno, si erano infrante quelle lenti scurissime che avevo usato fino a quel momento per giustificare il fenomeno cristiano ed erano sostituite da lenti più chiare, quasi trasparenti. Ed è con queste lenti, anzi con occhi nuovi, che da allora Alessandra rivolge il suo sguardo stupito ed insieme grato.