Il segreto della nostra forza
«Perché anche a lei? Per un attimo ho l’impulso di fuggire…». Madre e figlia unite nella lotta contro lo stesso male. Un diario.
Un pomeriggio di fine febbraio. Mi è stato appena annunciato che ho un tumore al seno e, dopo qualche ciclo di chemio, dovrò essere operata. Giusto per sdrammatizzare racconto all’oncologo il mito di Pentesilea, la regina delle Amazzoni, le quali subivano l’amputazione della mammella fin da piccole per meglio maneggiare l’arco, essendo un popolo di guerriere.
Comincio a lottare contro il male, sostenuta dall’amore dei miei, con il fermo proposito di non angosciarli. A chi si meraviglia scoprendomi serena confido che cerco di vivere il presente (ogni momento è un dono!) senza mentire su di me, stando attenta a ogni prossimo, forzandomi a un sorriso anche quando verrebbe solo da piangere. Questo è possibile se si guarda a Gesù.
È domenica. Durante la messa nella chiesa parrocchiale, mia figlia Priscilla suona la chitarra e canta: «Come tu mi vuoi, io sarò, dove tu mi vuoi, io andrò». Avverto gratitudine per lei che mi è molto vicina, ma nel contempo ho un moto di ribellione: «Gesù, ma veramente mi vuoi malata e in ospedale invece che sana e a scuola?» (insegno in un liceo). Lui crocifisso è la risposta al mio perché. Gli dico: «Sia fatta la tua volontà» e torna la pace.
Settembre. Proprio oggi che ho ripreso la chemio mia figlia mi annuncia che ha un nodulino al seno. Cerco di tranquillizzarla, anche se non sono per niente tranquilla: dovrà essere ricoverata per accertamenti nello stesso ospedale dove sono stata operata io.
Il momento in cui ci hanno comunicato la diagnosi è stato tremendo: tutto sembrava crollarmi addosso… Perché anche a lei? Ce lo chiediamo tutti. Piango senza freni appoggiata a mio marito, anche lui duramente provato nella salute anni fa. L’impulso è di fuggire non so verso dove, come in una scena del film Forrest Gump in cui lui per il dolore corre per chilometri come un automa. Ma non si può, si deve aspettare, impotenti. Mai come ora capisco lo stare di Maria ai piedi della croce.
Rivedo Priscilla piccola sul trenino rosso di Fiabilandia e in altri momenti giocosi e la immagino là, dietro i vetri della sala operatoria… Come reagirà quando si risveglierà e le diranno che quello asportato, il “presumibilmente benigno”, era tutt’altro?
Mi sembra tutto così assurdo, allucinante: solo due mesi fa mi trovavo in quella stessa sala operatoria per lo stesso motivo, ma io ho 56 anni, lei solo 30 ed è da poco sposata. Non trovo risposta, ma è tempo di asciugare le lacrime. Quando uscirà, non deve vedermi così, la vita deve continuare: anche stavolta voglio lottare e sorridere per lei, per i nostri cari.
Priscilla sta meglio. Ora che comincia a perdere i capelli anche lei, come me, ha preferito anticipare questo evento traumatico per le donne, facendosi rasare. Non ha perso invece quel suo splendido sorriso, né si sono incupiti quegli occhi azzurri che papà Gabriele paragona a “laghetti alpini” quando il cielo è sereno. Tra noi ci guardiamo e ci incoraggiamo a vicenda, senza tante parole.
È autunno inoltrato. Nel cielo voli di storni e sole al tramonto dietro gli eucalipti. Oggi Priscilla ha affrontato la prima chemio. Ha paura ma vuole superarla per il marito e per rendere il lavoro più leggero a medici e infermieri.
Mi rivedo al mio “primo appuntamento”, il 27 marzo, in quella stessa sala d’attesa… Fuori è ancora freddo, però il sorriso di Gabriele mi accompagna e mi scalda il cuore. Ricordo gli iris del quadro alla parete e la statua di una Madonnina dal volto pallidissimo, il colloquio con i medici e l’apertura della mia cartella clinica, poi Lina che mi prepara la flebo e mi avvisa che per non rovinare le vene dovranno installarmi un portal nel torace, un piccolo intervento chirurgico con anestesia locale. Apparentemente rimango imperturbabile (avete presente il volto di Russell Crowe nel film Il gladiatore?), riesco addirittura a sorridere. In fondo, il vero coraggioso è chi ha paura e la supera.
Intanto già da giorni si è attivata intorno a noi una commovente catena di solidarietà. Tra i tanti sms che mi arrivano, quello di una cara amica dice: «La battaglia è iniziata, devi credere nella vittoria, per te e per i tuoi cari». Ecco, ritorna il volto del gladiatore. Questo è il segreto della forza, poter contare sull’amore che è dentro di te e negli altri.
Di quella mattina mi è rimasto dentro quello che ogni volta ritrovo nel day hospital: la professionalità, certo, ma anche il garbo, la humanitas di medici e infermieri, e i volti sofferenti dei malati che a volte s’incoraggiano a vicenda, l’atmosfera serena a cui cerco di dare un piccolo contributo magari solo con un sorriso, perché la vita è sempre bella se vissuta nell’amore.
Fa tanto freddo anche in questi giorni vicini al “primo appuntamento” di Priscilla. Mi addolora che abbia vomitato, ma sono fiera di lei e mi commuove quando scrive sul blog: «I cieli e la terra passeranno e anche questo passerà». Anche per lei è iniziata “la settimana delle punture” (tra una chemio e l’altra bisogna controllare spesso l’emocromo e intervenire con iniezioni potenti per risollevare i valori crollati).
Per me in tutti questi mesi dietro ogni “puntura” c’è sempre stato un volto amico. Mi vengono in mente Antonella e Daniela, operate al seno come me, in chemioterapia come me, anche loro ormai “grandi guerriere” e più che amiche sorelle. E poi la dottoressa Carla, una delle amicizie più belle di questo periodo. Una delle prime notti, saputa da poco la terribile diagnosi, lei era di turno al pronto soccorso ed io, sentendo spesso le sirene delle ambulanze passare sotto casa (abito a pochi passi dall’ospedale), la immaginavo là, mentre lei immaginava me con la mia inquietudine. Abbiamo così vissuto insieme spiritualmente quella e altre notti.
Mi sembra di non avere più pensieri. Sono come sospesa in questo attimo che sa di eternità, sospesa nella luce dorata di questo pomeriggio di ottobre. La luce penetra attraverso le tendine bianche e si diffonde intorno a noi, le mattonelle arancione, l’inox e il legno chiaro dell’angolo-cottura, il vetro del tavolo, tutto è luminoso, anche il volto di Priscilla.
La osservo mentre è intenta a preparare gli ingredienti per la torta. Mi ha chiamato a casa sua come assistente e in effetti mi limito ad assistere lei, così brava a “pasticciare”! La colonna sonora è un cd di Ivan Graziani che ascoltava spesso quando era adolescente e come allora mi invita a fare attenzione a certe parole. In realtà mi piace di più ascoltare il suono della sua voce, serena nonostante tutto. Poi prepara il tè e il profumo di vaniglia ci avvolge mentre osserviamo il vasetto dei ciclamini colti ai margini di un bosco.
È bello stare qui. Ed è incredibile – se penso a come stavamo solo un mese fa, a tutto quello che è successo – come si possa godere ancora di certe piccole cose.