Il sapore del successo
Il sapore del successo
Benvenuta la commedia brillante, diretta sagacemente da John Wells con Bradley Cooper nei panni di una star dei fornelli dal brutto carattere. Così arrogante da perdere la carriera, farsi tanti nemici e poi però riprendersi con grinta. O almeno provarci, lasciando Parigi per Londra, ormai la capitale degli chef. Desideroso di ottenere la terza stellina Michelin, Cooper, ossia Adam Jones, lavora per ottenere un ristorante tutto suo e ci riesce, ma deve fare una vita disciplinata e sistemare vecchi rancori. Divertente, con un pizzico di suspence e tanti fornelli aperti a cucinare delizie, scatenato in alcuni momenti – le scene in cucina dove lo chef sembra un dispotico direttore d’orchestra – il film in fondo ha un suo messaggio tra le righe: ossia, dare a tutti una seconda possibilità nella vita.
A Bigger Spash
Luca Guadagnino è regista preparato ed estetizzante, predilige luoghi solari e corpi sontuosi, storie di rapporti amorosi interpersonali complessi e torbidi. Qui, guardando alla Piscina di Jacques Deray del 1969 con Alain Delon e Romy Schneider, racconta di una coppia in vacanza a Pantelleria, isola fotografata con un grande amore per la luce e la natura. Lei (una inquietante Tilda Swinton, perfetta negli sguardi e nei gesti) è una cantante che non parla per un’operazione alla gola, in ferie con Paul (Matthias Schoenaerts). L’arrivo dell’ex amante di lei, Harry (un Ralph Fiennes sopra le righe) con la giovane figlia Penelope (Dakota Johnson) scatena unaa ridda di gelosie, congetture, istinti e vendette. Il mèlo prosegue con toni drammatici, ma risulta troppo patinato per essere totalmente credibile ed è purtroppo “stonato” dall’intervento di Corrado Guzzanti nel ruolo di un improbabile poliziotto.
Dio esiste e vive a Bruxelles
Che antipatico questo Dio cattivo che si diverte a manovrare al computer i disastri e i lutti della gente, senza dare ascolto alla moglie e alla ragazzina Éa che non condivide la visione cinica del padre, sfogandosi col fratello Gesù, ridotto ad una statuetta-burattino. Così scappa dal cielo e s’infila sulla terra dove dice a ciascuno l’ora della morte. Ovviamente, scatena il panico e le reazioni più strane, dalla depressione alla gioia sfrenata al tentativo di evitare la fine. Finchè Dio scende anche lui, ma la ragazzina è più furba dell’Onnipotente!.
Certo irriguardoso, visionario e strampalato, il film ha il suo divertimento nel contrasto caratteriale padre-figlia e, sotto sotto, manifesta la voglia, da parte del regista Jaco Van Dormael di liberarsi dall’immagine di un Dio perfido per quella di una divinità più “umana” e comprensiva.
La felicità è un sistema complesso
Cosa succede quando un film poggia esclusivamente sulle doti di un attore come Valerio Mastandrea, sempre caratterialmente “in ritardo” rispetto al tempo della narrazione, dando quindi l’immagine di un personaggio un po’ stralunato e illogico?
Perché Enrico Giusti (Mastandrea) usa l’amicizia per eliminare dirigenti incompetenti ed intascare la sua paga? Non lo sa, lo fa e basta, e gli va bene. Ma quando un incidente rende orfani dei genitori i giovani Filippo e Camilla i guai iniziano, perché i due ragazzi sono onesti e non stanno al gioco di Enrico e del loro zio di impedire che essi diventino dirigenti del gruppo industriale. Qui comincia l’avventura. Il film di Gianni Zanasi inizia bene, poi a metà si perde un po’ e scende di tono nella storia favolistica un poco reale un poco inventata ed impossibile, ma che trova il suo senso nella metafora dell’uomo mediocre che forse alla fine diventa una persona vera.
Ancora in sala altri film: Natale all’improvviso di Jessie Nelson, Uno per tutti di Mimmo Calopresti, Babbo Natale non viene dal nord di Maurizio Casagrande.