Il sangue sulle bancarelle

Un mercatino di Natale nel mirino dei terroristi in una Berlino che stenta a credersi vittima della cieca violenza nel pieno delle feste che ricordano la Nascita e la Famiglia  

«Natale senza neve, palle, abete», avrebbe scritto Brodskij, per indicare il senso di vuoto che ci ha prende alla gola ascoltando le notizie che arrivano da Berlino, dove un enorme camion polacco, guidato sembra da un terrorista, ha falciato una dozzina di persone ferendone una cinquantina. Sangue sulle palle, sugli abeti, sulla neve seppur artificiale.

 

Era da qualche mese che il terrorismo non colpiva in Europa. Era da qualche mese che speravamo che la lunga guerra asimmetrica col terrorismo non portasse più morte nel Vecchio continente. Ma non c’è da illudersi, la guerra sarà lunga, perché il malessere è profondo. E bagna tutte le rive del Mediterraneo, e anche più in là.

 

Sorprende, ma nemmeno troppo, la dignità e la compostezza con le quali i berlinesi hanno sopportato l’orribile offesa ai simboli della festa più dolce dell’anno. Dignità e compostezza che non debbono nascondere le conseguenze a medio e lungo termine dell’atto: un indurimento delle politiche europee sull’accoglienza degli immigrati, un aumento della paura che non fa ragionare, un maggiore sentimento di vivere in un continente che è una cittadella assediata.

 

Ma ieri ci sono stati morti provocati dalla violenza della guerra o del terrorismo anche in:

Centrafrica

Giordania

Kashmir

Libia

Mali

Pakistan

Somalia

Sudan

Sud Sudan

Turchia

Yemen

Aleppo

Mosul

Non dimentichiamo i “nostri” morti, tutti. Il bimbo di Sana’a, la madre di Aleppo, il ragazzino di Sirte, l’ambasciatore ad Ankara, il sarto di Mogadisco, il padre di famiglia sotto la Gedächtniskirche…

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