Il ruolo propositivo di al-Azhar nella crisi egiziana
La scena degli avvenimenti che si stanno svolgendo in Egitto non si limita a scontri, purtroppo anche con vittime, coprifuoco proclamati e più o meno accettati dalla popolazione e tensione crescente. Come accennato qualche giorno fa, c’è molto più in gioco che i semplici avvenimenti quotidiani: un processo di ridefinizione interno all’Islam di cui l’Egitto sta diventando un punto cruciale.
Lo dimostra il ruolo che al-Azhar, moschea ed università antichissima, punto di riferimento per tutto l’Islam sunnita, sta assumendo nell’evoluzione della situazione del Paese del nord-Africa. Dopo decisioni coraggiose prese dalle sue massime autorità a partire dalla celebrazione del Natale ortodosso, di cui abbiamo parlato nelle scorse settimane, il 31 gennaio il grande imam al-Tayeb, alla presenza di varie personalità – fra questi il patriarca copto ortodosso Tawadros II e vari rappresentanti dell'opposizione laica guidati da Mohamed ElBaradei, premio Nobel per la pace e fondatore del Constitution Party – ha presentato una dichiarazione ufficiale, una sorta di ricetta per evitare l’escalation della violenza.
Il documento, stilato in dieci punti, partendo dal riconoscimento della sacralità della vita umana e riconoscendo le diversità presenti nella società egiziana, fa appello ai media e ai leader religiosi per denunciare le violenze. I contenuti della lettera potrebbero quasi apparire banali. Infatti, vi si afferma il rifiuto deciso ed assoluto di ogni forma di violenza, materiale, morale, simbolica, contro le persone e contro i beni, l’impegno a svolgere la propria azione politica con mezzi pacifici e nel rispetto del pluralismo. Ma la portata di quanto avvenuto non sta tanto nel contenuto già di per sé coraggioso, ma nella decisione condivisa da parte dei maggiori esponenti politici e religiosi egiziani di firmare il documento presso la residenza dello Shaykh di al-Azhar.
Di fatto, si fa notare da più parti, resta complesso valutare lo spirito con cui i vari soggetti politici, religiosi ed amministrativi, hanno aderito al documento. Non si esclude anche un certo opportunismo per assicurarsi un gradimento politico, soprattutto, da parte di forze partitiche come i Fratelli musulmani o i salafiti che, direttamente o indirettamente, sono stati causa e, spesso, propagatori della violenza che il documento intende condannare. Tuttavia, si fa notare che, dopo i momenti della prima rivoluzione, allora chiamata ‘primavera araba’, è la prima volta che molte delle forze coinvolte sulla scena politica egiziana post-Mubarak trovano un accordo su principi fondamentali.
Il fatto, poi, che l’iniziativa sia stata presa da una istituzione antica e prestigiosa come al-Azhar, guardata dal mondo sunnita come punto di riferimento almeno in quanto a principi fondamentali, non deve essere sottovalutato. Nonostante osservatori attenti siano coscienti che resta ancora da definire e dimostrare l’effettiva capacità da parte anche di questo centro vitale dell’islam di incidere efficacemente e positivamente sulla società egiziana, non sono pochi a pensare che sia proprio al-Azhar l’unica istituzione in grado di mediare tra le varie anime del Paese. Essa, infatti, potrebbe garantire un’indiscutibile fedeltà all’Islam e, contemporaneamente, almeno finché l’attuale shaykh sarà in carica, il rifiuto di letture fondamentaliste.
Allo stesso tempo, non si deve dimenticare che, dalla caduta di Mubarak, è in atto uno scontro fra l’élite liberale e riformista del Paese ed i Fratelli Musulmani. Molti sostengono che proprio i primi potrebbero essere coloro che appoggiano l’attuale linea di al-Azhar e, in particolare, lo Shaykh al-Tayyeb. D’altra parte, si cerca di fatto di arrivare ad un’indipendenza della moschea dal potere politico. Questo sarebbe fondamentale per garantire uno spazio, che permetta una diversa interpretazione dell’Islam. Quella dei Fratelli musulmani, coniata qualche tempo fa dal quotidiano egiziano Al-Masry al-Yawm, è riassumibile nella formula min al-‘ibâda ilà al-qiyâda (“dal culto all’egemonia”). L’interpretazione dell’imam al-Tayyeb si ispira invece a un Islam devoto, radicato nella tradizione sunnita, ma aperto al confronto con altre visioni del mondo e soprattutto attento a mantenere una distanza di sicurezza dalla lotta politica. L’esito della rivoluzione dipenderà anche da questi conflitti ermeneutici.
(fonti AsiaNews e Oasis)