Il ritorno di Vasco Rossi

Imperversa nelle radio e sul web il nuovo singolo L'uomo più semplice, per la gioia dei fan che attendono le date dei concerti estivi annunciati dal rocker di Zocca
Vasco Rossi

Di un nuovo album ancora non si parla, ma è chiaro che prima o poi arriverà, magari ad accompagnare i megaconcerti già annunciati per la prossima estate. Quel che è certo che il nuovissimo singolo L’uomo più semplice è destinato a segnare l’ennesima linea spartiacque tra un Vasco e l’altro.

Il brano che già imperversa nelle radio e sul web ha un sottotesto lungo da qui alla luna: c’è ovviamente il sollievo di milioni di fan preoccupati da anni di notizie contraddittorie sul suo stato di salute, c’è il piacere dei nostalgici che qui ritrovano il signor Rossi rockettaro smandrappato, guascone, un po’ indolente e svagato dei suoi anni belli; c’è probabilmente anche la delusione di chi, da uno del suo talento, si attendeva qualcosa di meno evanescente di una canzoncina di tal guisa.

In ogni caso il rocker di Zocca ha deciso di uscire dal letargo e di ripartire da questa esilissima rock ballad, colorata da una chitarra vagamente western (i western alla Morricone, per capirsi, ma laddove all’eleganza del maestro si sostituisce una ruspanteria non lontana da quelle dei primi Litfiba), a sorreggere la struttura di una canzone che ha nel sound una piacioneria furbetta, e sotto le  rime, l’immagine d’un autoscatto compassionevole, e tuttavia avvolto da un’aura di compiaciuta autoindulgenza: «Sono l’uomo più semplice che c’è, sono l’uomo giusto per te… Sono un uomo buono, sono un uomo sincero, sono un uomo vero, sono un uomo solo».

Difficile valutarne la sincerità, certo è che le sue recenti apparizioni su Facebook e la fugace data concertistica pugliese di qualche mese fa avevano avvalorato l’ipotesi di un uomo  stanco, indeciso sul da farsi, disperatamente in fuga dal proprio mito (ma senza una via di fuga facilmente praticabile senza un cambio di rotta), intimamente solo nonostante i molteplici affetti e il recente matrimonio con la compagna di sempre.

È un Vasco senza una trama precisa quello che si riaffaccia ai mercati per riabbracciare il suo pubblico. Per molti versi attraversato dalle medesime inquietudini del Paese che lo circonda, ma ancora troppo aggrappato alla propria immagine certificata per osare qualcosa d’altro o semplicemente per tornare a graffiare con un guizzo spiazzante. Così la canzoncina in questione ha se non altro il merito di non truccare le carte con qualche boutade sensazionalista: solo l’ennesimo inno bislacco alla precarietà della vita e al carpe diem, condito da un elogio della semplicità (che però qui suona come faciloneria o per lo meno come un opposto della profondità o rifiuto del problematico). Chissà se a generarlo sia stato l’istintivo procedere controcorrente del bastiancontrario o la superficialità del menefreghista, o magari una sincera ansia di offrire (a sé e al suoi aficionados) un balsamico antidoto al logorìo e alle oscurità ansiogene di questa selva preelettorale, mai come stavolta povera di speranze credibili.

Quattro minuti e sedici secondi per dar aria ai denti e fremiti all’ugola. Un brano fatto apposta per venir sparato negli iPod o nelle autoradio che servirà al nostro soprattutto per ribadire il suo diritto – e la sua gran voglia – di continuare ad esserci. 

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