Il ritorno di Ovidio

A Ciampino, nella villa di Messalla, amico dell'imperatore Augusto e protettore di poeti e scrittori, sono state riportate alla luce dagli archeologi le statue di Niobe e di sei dei suoi quattordici figli, la cui dolorosa storia fu narrata nelle Metamorfosi
Niobe di Abraham Bloemaert

L’antica Roma non finisce mai di stupire. Così presso Ciampino, in una proprietà privata corrispondente al Barco dei Colonna, gli archeologi – al lavoro già dall’estate scorsa – stanno dissotterrando la villa di Messalla. Un personaggio amico di Augusto, protettore di poeti come Tibullo e Ovidio: un talent scout eccellente e un propagandista culturale – oggi diremmo  mediatico – del futuro imperatore, grazie a uno staff di artisti, poeti e scrittori di primissimo grado.

Ovidio, in primo luogo, potente evocatore dei miti nelle sue Metamorfosi. Nel lungo poema narra anche la storia di Niobe, superba per i suoi quattordici figli, al contrario di Latona, madre di Apollo, che ne ebbe solo due. E allora il dio crudele glieli uccise tutti. E lei per il dolore si trasformò in pietra: di  qui la frase «impietrirsi dal dolore». Gli archeologi hanno appunto ritrovato le statua di Niobe, alta quasi due metri insieme ad altre sei – i figli –,  alcune in frammenti, ma ricomponibili. Hanno pure trovato lacerti di pavimenti di mosaico dell’intera villa, in particolare della piscina esterna.

Certo è che Ovidio per il suo crudele episodio – un’autentica tragedia mitica (se ne potrebbero fare alcuni film…) – deve essersi ispirato a queste statue dolorose in quell’unione delle arti che in età augustea era cosa normale, come poi sarà nel nostro Rinascimento. Ora, si tratta di conservare, ripulire e portare alla luce questo autentico tesoro di un mondo che non esiste più ma che continua a ricordarci le nostre radici.

(Nella foto di Dedden, il dipinto di Abraham Bloemaert raffigurante Niobe disperata mentre assiste alla morte dei figli)

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