Il ritorno di Guido Reni

È un grandissimo artista. Eppure, dopo secoli di fama, il “divino” Guido oggi non è più così popolare. Bene ha fatto allora la sua città, Bologna, a favorire il ritorno delle sue opere dai romani Musei Capitolini nella cornice davvero eccezionale di Palazzo Fava
Guido Reni

È un grandissimo artista. Eppure, dopo secoli di fama, il “divino” Guido, come veniva chiamato, oggi non è più così popolare. Bene ha fatto allora la sua città, Bologna, dove è nato e morto dal 1575 al 1642, a favorire il ritorno delle sue opere dai romani Musei Capitolini nella cornice davvero eccezionale di Palazzo Fava. Qui, nelle sale decorate dal Carracci, Guido vede esposti i capolavori della sua ultima fase artistica, quella delle pitture “argentee”. Accanto, i lavori dei Carracci, di Domenichino, del Badalocchio, dell’Albani, di Denys Calvaert, suo maestro: ossia, il mondo di Guido Reni.

Le opere estreme del pittore sono la Cleopatra, la Lucrezia, la Fanciulla con corona, il Gesù bambino con san Giovannino e in particolare l’Anima beata, l’ultima. Senza dimenticare il san Girolamo, il Polifemo e la Maddalena penitente.

Cos’ha di talmente affascinante Guido Reni a tre secoli e mezzo dalla scomparsa? E cosa vuol dire agli uomini d’oggi?

Osservando la luce argentea dei suoi quadri, le pennellate fluide, i contorni “svaniti” delle figure che le rendono incorporee, solo anima, ci si stupisce del lungo cammino percorso da un uomo che aveva innalzato il culto della bellezza  a voce dell’anima cristiana – pale di superiore armonia, santi sprofondati nell’estasi, martiri senza dolore, Madonne perlacee, Crocifissi colmi di pietas – e nostalgia del mondo classico, negli dei e nei semidei delle “favole” antiche, da Dejanira, ad Europa, ad Atalanta, ad Elena e Paride.

Un mondo perfetto, che ricordava Raffaello e Correggio, ma anche il naturalismo dei Carracci, sempre attento tuttavia a sublimare la realtà in divina armonia. Ogni dolore in Guido si trasfigurava in luce di corpi eleganti, di volti nobili, di scenografie luminose, di sentimenti autentici e composti.

Insomma, una visione di bellezza immacolata.

Essa pare trascendersi nelle ultime tele. Penso all’Anima beata, un adolescente perso nello sguardo al paradiso che l’attende, forma incorporea, tinte soffuse di velature argentee e in violetti azzurrini, solo luce. Alla Maddalena penitente, irrorata di calore; alla Lucrezia che si trafigge con una lama che è brivido di luce, sfumando le tinte in vapore. Le creature sono diventate immacolate, solo bellezza pura.

Guido in definitiva canta la purezza dell’anima. Così è stato sin dall’inizio, distinguendosi dalla corporeità dei Carracci, dal classicismo perfetto di Domenichino e dell’Albani.

Forse tale immacolatezza così ricercata e trovata lo rende distante, nel nostro mondo spesso oscuro.

Guido è una luce. A Bologna questa luminosità mai abbagliante, sempre rispettosa  la si può ritrovare. Per questo, la rassegna è un gioiello unico.

 

"Guido Reni e i Carracci. Un atteso ritorno. Capolavori Bolognesi dai musei Capitolini". Fino al 13/3/2016 (catalogo Bononia University Press- NB Company)

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