Il ritorno dell’arte tintoria

Alessandra Sbrolla ha dato vita a un progetto che riscopre un’antica disciplina e così la tradizione filiera italiana e locale torna a far parlare di sé
Alessandra Sbrolla

A Falerone, un paesino non lontano dal Parco Nazionale dei Monti Sibillini (Marche), c’è un piccolo laboratorio dalle pareti rosa confetto, è il laboratorio di Arte tintoria “Indaco”, di Alessandra Sbrolla, una biologa appassionata di botanica e di una disciplina che sembra ormai dimenticata, quella dell’arte tintoria. L’attività nasce nel 2004, quando Alessandra decide di unire le sue due passioni e inizia a dedicarsi alla colorazione di fibre naturali attraverso l’utilizzo di piante tintorie coltivate e spontanee.

Nel laboratorio, è possibile trovare grandi calderoni di acciaio che si scaldano lentamente, barattoli di vetro pieni di sale, piante di ogni tipo ed estratti colorati. Basta alzare gli occhi, e sarà facile notare anche dei lunghi bastoni di legno dove le matasse di morbida lana abruzzese vengono fatte asciugare dopo essere state fatte sobbollire. L’arte tintoria è un’arte molto antica, già 4000 anni fa, gli uomini estraevano i pigmenti colorati dalle piante, dal regno animale e minerale per tingere le fibre naturali. Con gli anni e il perfezionamento della tecnica, l’Italia si è distinta per la produzione di drappeggi di panno di lana e stoffe di seta colorata prodotta da maestri artigiani, che venivano venduti sul mercato europeo riscuotendo molti successi.

Con il passare del tempo e soprattutto con la scoperta del primo colorante di sintesi chimica, questa attività è stata abbandonata. Alessandra Sbrolla ha deciso di riprendere in mano i vecchi manoscritti e ricettari di arte tintoria e continuare questa tradizione che ci ha sempre distinti nel mondo per maestria e qualità dei prodotti. Per questo, anche la lana scelta da Alessandra non è quella che si può acquistare presso un lanificio industriale qualunque, ma proviene da un piccolo allevamento abruzzese gestito dal pastore Giulio. Per tingere una partita di lana, ci possono volere anche tre giorni. Nella prima fase, la lana viene fatta sobbollire con dei sali che facilitano ai pigmenti colorati di aderire, intanto, avviene anche la preparazione delle erbe che devono macerare, segue l’estrazione dei pigmenti colorati e infine la fase di tintura. Alla fine, le matasse asciugate, avranno ognuna un colore unico e brillante, e saranno pronte per il mercato. Tra i colori più utilizzati c’è il Blu di Guado, un estratto prezioso che si ricava dalla pianta Isatis tintoria, coltivata nel più grande impianto di estrazione d’Europa che si trova proprio nelle Marche.                         

Per chi fosse interessato a saperne di più, si può visitare il profilo facebook del laboratorio di Arte tintoria “Indaco” a questo indirizzo: https://www.facebook.com/Arte-tintoria-Natural-dyeing-288072838048139/?fref=ts

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