Il ritorno della sorella Croazia

Il Paese balcanico entra nella Ue. Molte le attese dei cittadini sul fronte degli investimenti, del lavoro, della tutela dei diritti. Non mancano le preoccupazioni per la crisi economica e per il ruolo delle banche schierate verso un neoliberismo che non tiene conto delle persone
La Croazia entra nell'Unione europea

«Abbiamo sempre partecipato alle vicende dell'Europa, come altri Paesi membri dell'Ue, sia nei periodi di pace che durante le guerre, sia per fatti di cultura, che di arte e di sport. Essendo una sua parte integrante, un suo membro, abbiamo condiviso le sue sorti nel corso della storia. Non solo, il popolo croato ha spesso protetto l'Europa da brutali attacchi che provenivano dall’Est. Ci sembra quasi ingiusto di essere dovuti entrare nell'Unione europea così tardi, perché sentiamo che il nostro Paese ha contribuito alla sua nascita più di altre nazioni, che sono entrate prima». Chi parla è la professoressa Sonja da Poreč, istriana, regione che dopo l’ingresso nell'Ue riceverà un finanziamento dai fondi strutturali europei per la purificazione delle acque e per la conservazione del mare.

L’entrata della Croazia, Paese con una radicata tradizione cristiana, nell'Unione europea significa molto per questo Paese, come dimostrato dalla partecipata manifestazione che si è svolta nella piazza centrale di Zagabria la sera del 30 giugno, con tanto entusiasmo popolare e numerosi ospiti di rilievo.

Un tempo parte dell’ormai ex-Iugoslavia, dopo la Slovenia, sua vicina, con la quale doveva risolvere un problema di frontiere, la Croazia è il secondo Paese dell'ex federazione ad entrare nell'Ue.

Tanti i benefici legati alla sua adesione: l’accesso al grande mercato, la libertà di circolazione, una maggiore possibilità di scelta nel campo dell'educazione, una maggiore occupazione, e soprattutto nuove fonti di finanziamento grazie all'accesso ai fondi europei. I cittadini godranno poi di maggiore sicurezza e tutela grazie al vincolo di armonizzare le leggi nazionali con le direttive europee.

Le attese dei nuovi cittadini sono tante, forse non del tutto realiste dato il momento storico e anche un po’ troppo idilliache. Il Paese spera nell’arrivo d’investitori dall’estero e in nuovi posti di lavoro. Mentre una parte consistente di cittadini sarà felice di constatare una maggiore attenzione per le questioni ecologiche e per la tutela della salute. Gli imprenditori sperano nella possibilità di diventare soci di aziende operanti nello stesso settore.

Alle opportunità si mescolano le paure, soprattutto quelle verso la concorrenza sleale delle grandi corporazioni e per il possibile arrivo massiccio di manodopera competitiva (soprattutto dalla Bulgaria e Romania), che rischia di mettere in scacco alcuni diritti conquistati dagli stessi lavoratori croati. Si teme anche un tipo di globalizzazione, nel quale si rischia di perdere la propria identità culturale. Accanto ai croati più entusiasti, si trova un bel gruppo di euroscettici, preoccupati dallo stato attuale dell’Unione: la crisi economica galoppante e le banche principali sostenitrici di un sistema neoliberale fanno temere per i diritti sociali dei cittadini e per il rischio di un divario sempre crescente tra i pochi ricchi e i molti poveri.

Per Rade, marito di Sonja, esperto in ambito turistico, l’entrata nell’Unione non nuocerà di certo al suo settore, avvantaggiato dalla bellezza della costa adriatica e dall’accoglienza generosa tipica dei croati. Anzi «ci porterà tanti vantaggi: non si dovrà più impiegare la pazienza nelle lunghe file d’auto davanti alla nostra frontiera; ci sarà maggiore sicurezza per i cittadini a fronte di una legislazione adeguata e degna di rispetto; si semplificheranno le procedure per gli investimenti ora frenati da una burocrazia troppo complessa che limita lo sviluppo del settore». «Noi ci sentiamo tanto legati sia agli Italiani che ai tedeschi perché fedeli visitatori dei nostri luoghi di riposo – continua –. In fondo proprio il turismo ha costituito il maggior legame tra i Paesi europei, almeno negli ultimi anni».

«Nonostante le preoccupazioni per la crisi economica e per gli scioperi e le manifestazioni di massa in varie città croate, noi tutti siamo orgogliosi di diventare parte della grande famiglia europea e di poter liberamente circolare al suo interno», conclude Sonja e con lei concorda la maggior parte dei suoi connazionali visto che al referendum del 22 gennaio 2012 sull’adesione all’Ue il 66,27 per cento si è espresso in modo favorevole. Un passo storico gigantesco per il futuro della Croazia, ora sorella un po’ più eguale dell’Italia e degli altri popoli europei. In molti credono che questo passo garantirà una maggiore unità del continente e una maggior stabilità anche per tutta la regione dei Balcani, dove la Croazia ora potrà svolgere un ruolo nuovo, come esempio e garante di stabilità.

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