Il rischio della cultura
Bisogna attraversare il ponte sospeso sul fiume Ciberang, nella provincia di Banten, in Indonesia, per andare a lezione.
Edifici sicuri e organici all’ambiente, strisce pedonali davanti all’ingresso, impianti sportivi di qualità, insegnanti ineccepibili: la nostra idea di scuola, Europa, XXI secolo. In una certa ottica, è giusto, assolutamente legittimo. Qualunque sia il convincimento politico, non c’è da discutere. Almeno su questo. Poi l’ottica cambia, cerchi edifici e trovi capanne, strade asfaltate e trovi la giungla, insegnanti ed è un miracolo se ce n’è uno nel villaggio vicino. Non più l’Europa.
Ma la scuola rimane, più essenziale che altrove. Essa è la strada che apre al sapere, che allarga la mente, che soprattutto avvia a un futuro migliore, civile, sociale, economico. Se vuoi progredire, la strada passa da lì. Ed è un tuo diritto. Non una tappa obbligata, invadente e noiosa, ma un diritto che vale impegno e fatica. In effetti, la scuola.
Migliorino allora edifici, palestre, docenti e pubbliche spese, è auspicabile, purché resti la scuola, ideazione umana per eccellenza, «sede privilegiata di formazione integrale della persona, di crescita umana, civile e culturale delle giovani generazioni e fondamentale fattore di sviluppo della società nel suo complesso» (Piano programmatico, DL n. 112 del 2008).