Il riscatto di Roma passa dal superamento dei campi rom
L’inchiesta su “Mafia Capitale” a Roma sta smuovendo le acque su diversi fronti, a cominciare dalla questione dei campi nomadi. Potrebbe trovare una soluzione decente la situazione scandalosa della cosiddetta “Best House Rom” di via Visso, sulla Tiburtina, un pezzo di periferia degradata accanto a palazzi di vetro e uffici moderni che lascia la maggioranza dei lavoratori degli uffici e degli stessi residenti della zona indifferenti e rassegnati. La struttura è stata visitata da una delegazione della Commissione straordinaria diritti umani del Senato lo scorso 11 novembre che ha stilato una relazione allarmata sulle pessime condizioni di accoglienza degli oltre 120 rom: «Ogni nucleo familiare, composto in media da cinque persone, «dispone di fatto della sola zona notte, che svolge anche funzioni di zona giorno e studio per i minori, composta da un’unica stanza di circa 12 mq priva di fonte di luce e aria naturale». Come ha raccontato la senatrice Manuela Serra: «Abbiamo incontrato persone terrorizzate di parlare davanti agli operatori che lavorano nella struttura. Vivono in una situazione di costante ricatto. Come Commissione diritti umani daremo voce a questa gente perché non è ammissibile che nel 2014 a Roma uomini, donne e soprattutto bambini vivano in una ex fabbrica senza finestre». Ma, come riferisce l’associazione 21 luglio, la situazione è ancora più compromessa dal fatto che esiste «il divieto di cottura e preparazione di cibo in maniera autonoma, la mancanza di un numero di servizi igienici adeguato al numero degli ospiti, la carenza di adeguati spazi comuni e l’assenza, all’interno delle stanze, di qualsivoglia arredo escluso il letto, elementi, questi, che compromettono ulteriormente la qualità della vita degli ospiti».
Lo scandalo, secondo l’associazione 21 luglio che si batte per il superamento della segregazione dei rom nei campi nomadi, è aggravato dal fatto che il comune di Roma sostiene un costo mensile di 600 euro al mese per ciascun ospite in una struttura accatasta come deposito. Per questo motivo il presidente della 21 luglio, Carlo Stasolla, ha iniziato, da sabato 6 dicembre, uno sciopero della fame a oltranza mentre dal 10 dicembre, “Giornata internazionale dei diritti umani” verrà allestito un presidio fisso con raccolta firme in prossimità del “Best House Rom” per risolvere l’anomalia di questo centro di raccolta che «incarna tutte le contraddizioni di un sistema organizzato e redditizio volto a concentrare e segregare i rom in spazi di sofferenza e violazioni dei diritti umani».
Come abbiamo già evidenziato in una precedente intervista fatta a Stasolla sulle contraddizioni dei campi nomadi, il presidente dell’associazione 21 luglio, che ha ricevuto serie minacce per il suo impegno, ribadisce che «la sofferenza dei rom che oggi a Roma vivono stipati in insediamenti indegni e in centri di raccolta illegali sia anche figlia di un processo politico-mafioso dovuto al fatto che i rom producono denaro e rendono voti. Il tutto ripetendo senza sosta che i ladri “sono loro”».
La questione di via Visso è anche al centro di una protesta lanciata dal consigliere comunale Riccardo Magi, anch’egli in sciopero della fame per richiedere una svolta del comune di Roma nella politica di reale inclusione delle comunità rom. E alla fine è arrivata anche la presa di posizione del sindaco Ignazio Marino con un comunicato ufficiale dove annuncia l’intenzione di visitare, al più presto, il centro di via Visso «per rendermi conto personalmente, come sindaco e come medico, della situazione» per trovare «una soluzione alternativa per le donne, gli uomini e i bambini che oggi vivono in condizioni non dignitose». Il sindaco ringrazia «sinceramente l’associazione 21 luglio per aver sollevato il caso emblematico della struttura Best House Rom» chiedendo la sospensione dello sciopero della fame perché è ormai avviato un «piano per superare definitivamente e in maniera strutturale il sistema dei campi rom nella Capitale che, oltre alla violazione sistematica dei diritti, evidenziata anche dalla Commissione Europea, comporta un esborso inaccettabile di risorse pubbliche» .
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