Il riscatto della semplicità
Con la conclusione dei Campionati del mondo di ciclismo su strada, la stagione delle due ruote sta per affrontare la volata finale di un 2008 che ha visto il quasi totale dominio della Spagna. Alberto Contador si è aggiudicato Giro d’Italia e Vuelta di Spagna, mancando la probabile tripletta Giro-Tour-Vuelta solo perché il suo team, l’Astana, non è stato invitato dagli organizzatori della corsa a tappe francese. La Grande Boucle è andata a un altro madrileno, l’esperto Carlos Sastre, vincitore a sorpresa di una manifestazione che negli ultimi anni è balzata alle cronache più per i casi di doping che per le imprese dei corridori. A chiudere una stagione fantastica per gli iberici ci ha pensato l’asturiano Samuel Sanchez, trionfatore nella prova in linea olimpica davanti a Davide Rebellin. Purtroppo però anche nel 2008 il doping ha continuato ad infettare la disciplina. Due i casi più eclatanti, entrambi riguardanti – e questo non fa onore – atleti italiani. In attesa che la Spagna interrompa una politica per la quale il successo sportivo va raggiunto in qualsiasi modo, spiccano le vicende di Riccardo Riccò ed Emanuele Sella. Il modenese, secondo al Giro d’Italia e vincitore di due tappe al Tour, è risultato positivo alla Cera, l’Epo di terza generazione, e cacciato immediatamente dalla Grande Boucle. A distanza di qualche settimana ecco che tracce della stessa sostanza vengono trovate nel sangue del vicentino Sella, pochi mesi prima trionfatore in tre tappe di montagna della corsa rosa. Il ciclismo, insomma, sembra non riuscire ad emergere da una spirale negativa che ha allontanato tanti appassionati e scoraggiato anche il più fedele dei tifosi. Eppure non mancano nuovi esempi di uno sport ancora legato a valori sempre più nascosti. Campioni del mondo e campioni nella vita di ogni giorno, fenomeni del pedale ed onesti lavoratori, ragazzi semplici e uomini veri. Stiamo parlando di Alessandro Ballan e Adriano Malori. Il primo, vincitore della prova iridata in linea grazie a una fucilata d’altri tempi a tre chilometri dal traguardo; il secondo, autentico dominatore della cronometro Under 23. Corridori esplosi a Varese non certo per caso, nomi ben noti agli appassionati di ciclismo. Ballan, trevigiano di Castelfranco Veneto, ha tutto del non-personaggio. Ventinove anni, sposato con Daniela e padre di Stella (tre anni) e Azzurra (poco più di un me- se), sembra quasi a disagio quando lo si vede camminare portando a spasso i suoi 190 centimetri. Il suo è uno spirito da gregario, di quelli abituati a soffrire nell’ombra, spingendo lunghi rapporti per decine e decine di chilometri per poi festeggiare (quando va bene) il trionfo del proprio capitano. Alessandro nasce così, grande faticatore che lavora dietro le quinte prima di scoprire di avere la stoffa del campione. Giro delle Fiandre 2007 ed ora la maglia iridata, simbolo di un trionfo che potrebbe cambiargli la vita. Spero non più di tanto – commenta il veneto subito dopo aver tagliato a braccia alzate il traguardo di Varese -. È vero, da oggi in poi tutti mi riconosceranno per strada, ma io voglio rimanere la persona semplice che ritengo di essere. Semplice e consapevole nel riconoscere che spesso le qualità umane fanno molto di più dei muscoli nelle gambe, come dimostrano le sue dichiarazioni in merito al ritiro di Paolo Bettini: Paolo è stato un grande sia come corridore che come uomo. Quando mi ha comunicato la sua decisione di abbandonare le corse mi veniva quasi da piangere. Avversario sì, ma soprattutto un grande amico. Adriano Malori invece un personaggio potrebbe diventarlo. A vent’anni vincere un mondiale Under 23 è già un’impresa, vincerlo con la sicurezza dei forti e l’umiltà dei grandi è cosa più unica che rara. Prima le lacrime sul podio, poi frasi che sottolineano una grande maturità: Alla mia età di gente che s’è persa per strada ce n’è parecchia. Preferisco non pensare al futuro e vivere bene il momento presente. E a chi gli chiede cosa può dare al ciclismo uno come lui, ecco un’altra risposta che spiazza: Sbagliato fare questa domanda a un ventenne, bisognerebbe chiederlo ai grandi campioni. Io posso dire di essere stato il migliore negli Under 23, per il futuro spero solo in un ciclismo migliore. Adriano e Alessandro, simboli di uno sport che ha ancora tanto da dare, stelle di un pedale azzurro ferito, lacerato e stretto nella morsa del doping, ma ben lungi dal ritenersi sconfitto.