Il ricevimento
2 aprile
Ieri sera abbiamo aperto il vaso di Pandora dell'organizzazione del banchetto nuziale. Pericolo rancio alpino scongiurato: nel fine settimana da noi prescelto il tendone della Pro Loco, con relative panche, tavoli e griglie per la carne, è già occupato per la sagra della costoletta, per cui dovremo trovare un'altra soluzione. L'ipotesi più accreditata è il tendone del centro parrocchiale, grazie alle potenti entrature della zia catechista: è una villa veneta ristrutturata, così abbiamo pure la location prestigiosa (perché si chiama location, mi hanno spiegato, non “luogo” o che so io) a prezzi vantaggiosi (l'impegno a rifornire di ceri l'altarino di San Girolamo fino all'anno prossimo). Speriamo la cosa vada in porto, farebbe invidia a qualsiasi wedding planner (e non “organizzatore di matrimoni”).
5 aprile
Location aggiudicata, rimane il catering, data l'impossibilità di farsi aiutare dagli amici a cucinare come Davide avrebbe voluto: coincidono con gli invitati, non si può fare. Però avrebbe potuto essere il primo matrimonio Ikea (ossia fai-da-te, anche per mangiare) della storia. Mio padre ha preso in mano la situazione e ha già contattato tutti i catering nel raggio di 150 km da casa, perché «bisogna confrontare le offerte e contrattare». L'animo dell'imprenditore nordestino prende in sopravvento, anche quando si tratta di fare festa. Magari, già che c'è, chiede anche di scaricare l'Iva.
7 aprile
La cosa si sta facendo più complicata del previsto: sempre per il capitolo “matrimoni in calo”, buona parte dei catering che abbiamo contattato per quella data è già in altre faccende affaccendata. Ne rimangono soltanto tre di disponibili. Altrimenti, c'è sempre la possibilità di attivare le vecchiette del paese, che – oltre ad essere delle ottime cuoche – certo non negheranno una mano alla nipote della loro cara amica, la nonna Gerlinda. L'unico problema potrebbe essere che, stando ai loro ricordi, io sono ancora in quinta elementare: se chiedo loro una mano per il matrimonio forse non mi credono.
11 aprile
Abbiamo iniziato le contrattazioni con i tre catering in questione. A quanto pare, quando si nomina la parola tabù – matrimonio – non solo si impenna lo spread, ma non esiste l'opzione “facciamo le cose semplici”: o il pranzo seduti da 27 portate, o niente. Uno dei caterer, quando gli abbiamo spiegato che noi vorremmo piuttosto una festa tra amici molto libera, con il buffet in piedi invece del servizio al tavolo, ci ha guardati con la faccia di chi si è sentito dire per la prima volta che Babbo Natale non esiste e ha balbettato «ma non è questo che la gente si aspetta!», proseguendo a descrivere la torta nuziale a 17 piani coperta di zucchero a velo della Cayenne. Detto tra noi, il 17 porta pure sfortuna. Oltre al fatto che devo cecare su Google Maps dov'è la Cayenne.
13 aprile
Finalmente abbiamo trovato un caterer che è sceso a più miti consigli. Dopo averci fatto notare che forse non è il caso di avere 150 persone che si gettano contemporaneamente sul buffet, perché spunterebbero – in tutti i sensi – i coltelli, ci ha proposto una soluzione intermedia: sì al buffet, ma con i piatti preparati dai camerieri, in modo che il flusso di persone sia ordinato. Gli ospiti verranno chiamati un tavolo per volta, partendo dal più lontano dal buffet fino al più vicino. A noi pensare alla collocazione degli invitati: voglio proprio vedere la faccia di quel mangione dello zio Astolfo quando, pur essendo seduto a due passi dai cibi succulenti, sarà esortato a servirsi solo per ultimo.