Il retrogusto sociale della birra
Anche quella di un birrificio può essere una storia di solidarietà. Stiamo parlando del birrificio Vecchia Orsa, nato nel 2008 a Crevalcore (Bologna), nella corte chiamata «Orsetta Vecchia». Lì operava la cooperativa sociale Fattoriabilità, che si occupa dell'inserimento lavorativo delle persone svantaggiate tramite nuove forme di organizzazione dell'attività e percorsi di formazione professionale; ed il microbirrificio è stato appunto il primo di questi progetti, a cui ne sono seguiti altri legati alla pet-therapy – la coooperativa possiede un branco di cinque asine – e alle attività ludiche, didattiche e riabilitative in collaborazione con le scuole e con il locale distretto sanitario.
I primi quattro anni sono andati a gonfie vele. Sotto la guida dei due giovani birrai – di cui uno educatore professionale, entrambi sotto i trent'anni – la produzione è quadruplicata anche grazie alla rete di volontariato nata attorno alla cooperativa, tanto che è sorta l'esigenza di spostarsi in una sede più ampia: e così a inizio 2012 il Vecchia Orsa ha individuato come nuovo stabilimento un capannone di San Giovanni in Persiceto. Un progetto che stava ormai prendendo forma, ma a cui sembrava aver messo la parola fine il sisma del maggio di quell'anno: non solo alcuni dei lavoratori hanno perso la casa, ma anche buona parte delle strutture del birrificio sono risultate inagibili, facendo temere che avrebbero perso – e difficilmente ritrovato – anche il lavoro. Nel mondo dei microbirrifici però, fortunatamente, la concorrenza non è tutto: è infatti partita una vera e propria gara di solidarietà non solo tra i volontari – grazie ai quali è stato possibile mettere in sicurezza un magazzino e vendere ciò che rimaneva della produzione -, ma anche tra i birrifici stessi – tra cui nomi noti come Amarcord, Brewfirst e Zimella -, che hanno letteralmente dato ospitalità al Vecchia Orsa fino a quando è stato possibile entrare nel nuovo capannone alla fine dell'anno. Il 20 aprile 2013 è stata infine inaugurata la nuova sede della cooperativa, il birrificio e il progetto «Gli asini del re» gestito insieme alla cooperativa sociale Open Group nel Centro Maieutica: la «rinascita» poteva così dirsi completa.
Oggi il Vecchia Orsa conta circa 40 soci – di cui una ventina attivi nella cooperativa – e nove birre a listino; tra queste la «Biolca», la prima birra biologica certificata in regione, e la «Rajah» e la «Tenebra», che vantano il marchio Slow Food. Anche ai concorsi non sono mancati i successi: al «Birra dell'anno» di Unionbirrai la «Utopia» si è classificata prima nella categoria delle birre con spezie nel 2012, e la «Aurora» si è piazzata terza nel 2014 per la categoria chiare ad alta fermentazione. Insomma, se questi lavoratori sono «diversamente abili», lo sono nell'accezione per cui sono evidentemente «più abili» di altri in questo campo.
«L’unico obiettivo del nostro progetto – ricorda Michele Clementel, uno dei soci -, il cui prodotto è “sul mercato” come quelli di qualsiasi altra azienda, è quello di creare una impresa sociale realmente inserita nel tessuto produttivo e culturale. Nel gruppo di soci è chiarissimo, e sempre ricordato, che la dignità del lavoro svolto, le cose buone, belle e ben fatte, la ricerca dell’eccellenza sono patrimonio di tutte le imprese. La nostra struttura di cooperativa sociale no profit ci richiama ad un'attenzione particolare alla persona e al servizio, e specularmente il nostro essere impresa sociale ci richiede una gestione economico-finanziaria oculata ed efficiente come tutte le società serie. Nell’equilibrio di queste due anime risiede la forza e la dignità del nostro progetto».