Il Re vikingo

Il crociato Max vuole distruggere le credenze pagane del popolo di Senigallia incoraggiando il dissenso. Intanto, il vecchio regnante si trova sul letto di morte e senza un erede, e Max vorrebbe prendere il suo posto. Su Primevideo una pellicola del 2018 da rivedere.

Cinema chiusi, chissà fino a quando. Così fioccano film su Primevideo come una nevicata. Questa volta parliamo di un classico racconto più o meno storico e fantasioso, cioè Il Re vichingo, una produzione di Inghilterra e Lettonia, che si beve tutta d’un fiato, scorrevole e per tutti.

Siamo nel tredicesimo secolo, il papa di Roma è una sorta di Borgia prima del tempo (le diverse serie sull’argomento hanno fatto scuola) con due figli illegittimi: uno devoto fino al fanatismo e l’altro, Massimiliano (James Bloor), un sadico pazzo che vuole per sé l’impero della Senigallia, cioè le terre intorno al Baltico, non ancora cristianizzate. Il re “pagano” morente affida il trono – dandogli un anello “magico” – al nipote Namejs (Edwin Endre), un giovane biondo e avventuroso, innamorato della sua Langua (Aiste Dirzinete). Il ragazzo dovrà vedersela con i capi tribù ambiziosi che non lo accettano, con alcuni traditori e soprattutto con Massimiliano e i suoi “crociati”- una banda di malfattori – che assalta il villaggio, viene sconfitto, ma poi ritorna alla grande – dopo aver aggredito suo padre-papa come un Cesare Borgia – in una epica battaglia, ovviamente con molto sangue (Il Trono di spade ha insegnato). Naturalmente, la divisione fra buoni e cattivi è presto fatta – la chiesa romana non fa una bella figura – e l’esito finale prevedibile.

Quello che rende interessante il film, ben girato, svelto, bene interpretato nei ruoli consueti di padre-figlio, amico-nemico, fedele-traditore -, è la storia dell’ “anello magico” ( tra saga dei Nibelunghi e la serie filmica dell’Anello). Esso non è un semplice talismano miracoloso, ma corrisponde alla presa di coscienza, da parte del giovane re e della sua gente, che la libertà va conquistata e che gli dei parlano certo nei luoghi sacri, ma ancor più nel profondo del cuore: è qui che si trova la forza per combattere il male.

Piacevole, non troppo lungo (114 minuti), il racconto, un affluente del fiume di fiction fantamedievali su vichinghi e templari di Amazon e Netflix, scorre. Anche se prevediamo come andrà a finire, per chi ama il genere che mescola storia a fantasy, sarà  una visione distesa – massacri a parte (ma ci viene propinato ben altro oggi) –  della storia come avventura e azione.

 

Mario Dal Bello.

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