Il Re Leone
Torna dopo 25 anni dal cartone della Disney che vinse l’Oscar, la storia del cucciolo Simba. Ingannato dal perfido zio Scar, provoca senza volerlo un incidente in cui muore il padre Mufasa. Sbalordito, e preso dai sensi di colpa, Simba fugge lontano. Incontra una coppia di amici scanzonati e senza pensieri che gli indica un nuovo modo di vivere: essere liberi dalle preoccupazioni di qualsiasi tipo. Finché la compagna d’infanzia (segretamente innamorata) Nala non lo farà ritornare in sé, e ritrovare il posto che i l destino gli riserva. Non senza lotte. E non senza l’aiuto della futura sposa e della madre. Ovvio, il perfido Scar non vincerà e non vinceranno anche i suoi perfidi nemici.
Il film è davvero gustoso e il confronto con l’originale non delude. Girato come un romanzo di formazione, è un’avventura live action originale, con tocchi divertenti, combattimenti, panorami bellissimi. Una natura da sogno in cui però si avventurano esseri maligni come le iene, immagini del male, che hanno “sempre fame”, cioè, fuori di metafora, non smettono mai di voler fare il male.
È la figura del padre a venire in rilievo e il senso della paternità a condurre la storia, con una traiettoria narrativa lineare, per nulla retorica o forzata. Simba imparerà dall’esempio di lealtà paterno cosa significhi crescere e diventare re, ossia realizzarsi.
Certo, unire live action con immagini foto-realistiche generate al computer rende affascinante la visione come pure il doppiaggio affidato a specialisti come Luca Ward, Edoardo Leo, Stefano Fresi, Massimo Popolizio, Marco Mengoni che fa il re leone. Ma lo spettacolo non basta.
La vecchia favola ha ancora qualcosa da dire oggi. Cioè che l’educazione dei figli ha bisogno della figura del padre oltre che della madre, che le difficoltà ci sono ma non bisogna perdersi d’animo. E che gli amici veri possono aiutare a ritrovare la speranza. Tutto condito con la fantasia e le canzoni.
Esce il 21.