Il Re e i re

Si celebra oggi la solennità di Cristo Re. Una riflessione su una concenzione del "regnare" che ci interpella ancora oggi
cristo re

Sono stati scritti racconti di re che si travestono da poveri e si mescolano fra i loro sudditi per vedere da vicino come vivono e, addirittura, per provare sulla loro pelle le loro sofferenze. Un Re lo ha fatto realmente per più di trent’anni, dalla nascita all’età adulta, lavorando, soffrendo e giungendo – considerato un malfattore – a dare la vita per i suoi sudditi. Dopo la morte è rimasto, non è una favola. «Tutto quello che (non) avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, (non) l’avete fatto a me».

 

Il Figlio di Dio si è incarnato in due dimensioni: si è fatto uomo, e si è fatto povero e bisognoso. Non è venuto sulla terra solo come uomo, ma vi è rimasto come povero e bisognoso. Le persone della seconda categoria sono i re attraverso cui Cristo continua a regnare. Noi siamo i loro sudditi. Quello che facciamo a loro, è fatto a Lui. Esagerazione? «L’avete fatto a me». Non: è come se l’aveste fatto a me. Ma: l’avete fatto a me.

 

Perché questa scelta di Gesù? Anzitutto egli ha voluto condurre una vita così, immedesimandosi con questa categoria. Quando hanno voluto farlo re, è fuggito. Ma ha assunto tutta la sua regalità quando Pilato gli ha domandato se era re. Si trattava della vita o della morte. E si è assiso sull’unico trono che ha voluto per sé, quello dei poveri, dei bisognosi, dei piccoli: la croce, restituendo loro piena dignità. Agli occhi del mondo sono emarginati, dimenticati, disprezzati, ma sono i tesori di Dio. Non sono amati e Gesù reagisce raddoppiando il suo amore per loro. Sono lo sgabello del trono dei potenti, dei ricchi e Gesù li fa sedere sul suo trono, trasformando la croce da oggetto di ignominia in strumento di liberazione e di vittoria. Sua madre ha cantato: «Ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote». È “il programma di governo” del nostro Re. Non possiamo rinchiudere queste parole nelle chiese, facendole solo oggetto di preghiera.

 

Come sempre, il vangelo rovescia la logica del mondo, anche quello religioso: dove si incontra Dio? In tanti “luoghi”, certo: preghiera, Messa, Parola di Dio, Chiesa…Ma tocchiamo il vero Dio solo se abbiamo mosso i nostri passi in direzione del povero, se il suo sguardo è penetrato nei nostri occhi, i nostri abiti si sono sporcati nell’abbracciarlo, la nostra porta si è aperta all’accoglienza, il nostro tempo si è riempito dell’interesse per lui….

 

Quanto dice Gesù oggi è la sintesi delle domande dell’esame finale della vita, in altre parole il criterio della riuscita o del fallimento della nostra esistenza. Chi ha “fatto” è una persona realizzata; chi “non ha fatto” è un fallito. Non gesti saltuari, ma stile di vita.

 

 

 

 

 

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