Il ratto dal serraglio

Musica di W. A. Mozart. Roma, Teatro dell’Opera.
Il ratto dal serraglio

«Troppe note», sentenziò l’imperatore Giuseppe II a Mozart dopo aver sentito il Ratto, a Vienna, nel 1782. E Amadeus, impertinente: «Quelle giuste, maestà». Aveva ragione il musicista. Perché la “turcheria” in tre atti – allora di moda – è un fiume di ritmi indiavolati, tenerezze fra innamorati, melodie fresche come la giovinezza che a Mozart, a 26 anni, gli sgorgano senza fatica. Il Singspiel – recitativi parlati, arie e duetti musicati – è un inno all’amore. La trama è esile: Costanza è prigioniera del Pascià, che però la rispetta; con l’aiuto del servo Perillo e dell’amato Belmonte tenta la fuga. Scoperti, tutti sono graziati dal “misericordioso” Pascià. Un Islam tollerante, come lo sogna l’Illuminismo che esige nei drammi il lieto fine.

 

A Roma l’opera mancava da decenni. Perciò l’allestimento – scene e costumi di Richard Hudson, regia di Graham Vick – è nuovo: un cubo candido si apre e si chiude, diventando giardino, interno, cielo stellato. Bello. Regia sciolta, cast vivace: brillano il tenore Charles Castronovo e il soprano Maria Grazia Schiavo, in una parte impervia. Gabriele Ferro dirige una musica felice, mai farsesca. Mozart ama la misura.

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