Il proposito giusto
È un tempo di luci colorate, incontri di famiglia, regali, si respira confusione attorno, chiacchiere e gioco. Per tanti c’è un’aria frizzante e gioiosa, per altri meno, le festività non sono vissute da tutti allo stesso modo, dietro il frastuono si nascondono tante solitudini. Questo tempo può essere anche uno spazio di riflessione, una tappa, in cui fermarci. Non vorrei dare ricette di fine anno o proiezioni astrali di amore e serenità, ma porre domande aperte in questo tempo di passaggio. Transitare da un anno all’altro, segna uno spazio di chiusura e di un nuovo inizio. È un momento di bilanci: c’è chi li condivide a voce alta e chi li fa nel riparato silenzio interiore, in tanti ci chiediamo come abbiamo vissuto e cosa desideriamo o sogniamo per quello che verrà. Tra le pagine che abbiamo scritto durante i dodici mesi passati possiamo trovare cancellature, fogli strappati, errori ortografici e anche passi poetici, bellezza infinita.
Nei fotogrammi dei ricordi possiamo sentire l’amarezza di qualche evento, come guardando fuori di noi possiamo vedere la barbarie delle guerre in varie parti del mondo, possiamo pensare alle nostre sconfitte, alle piccole e grandi vittorie, alle gioie inaspettate, agli obiettivi raggiunti, agli incontri e alle nuove amicizie, alle nascite e ai lutti. Come una danza la vita alterna passi diversi con musiche originali. Oggi, possiamo domandarci: cosa lasciamo nel 2018 e cosa ci portiamo nel 2019?
Per guardare indietro proviamo a pensare a tutte le persone a cui desideriamo dire grazie, per quello che hanno fatto o semplicemente perché sono stati presenti, ci sarà o ci sarà stato qualcuno senza il quale la nostra vita non sarebbe la stessa. Sperimentiamo la sensazione della gratitudine. Non c’è storia o persona che non possa trovare un attimo di gratitudine vissuto, per qualcuno o per la vita stessa. È un vissuto di pienezza e calore che riempie di energie e speranza.
Un’altra chiave con cui guardare il “bilancio” dell’anno è quella del perdono. Perdonare e perdonarsi, un’arte difficile in entrambi i sensi, sia nei confronti degli altri che di se stessi. Sicuramente ci sarà qualche ferita subita o qualche errore commesso che appesantisce, perdonare vuol dire dare un’altra chance e darla a se stessi. Un torto non risolto alimenta rancori e rabbia, ricucire le rotture col perdono è come fanno i giapponesi per riattaccare i vasi rotti. Usano la tecnica del “Kintsugi”, utilizzano l’oro per riattaccare i pezzi creando una nuova forma d’arte ancora più bella e preziosa. Lo psicoterapeuta Rino Ventriglia in un suo ultimo libro scrive: « È con il perdono che le ferite possono diventare cicatrici: zone ‘sensibili’ che non sanguinano più». Rimettere i pezzi insieme, ricostruire un rapporto può essere un passo con cui concludere o ricominciare l’anno mettendo al centro l’importanza delle relazioni, anche perché spesso le ferite provengono dai rapporti più intimi, da chi ci sta vicino.
Un’ultima questione su cui vorrei aprire un pensiero è il grande tema degli obiettivi e i progetti futuri. La domanda a questo punto è: cosa pensi ti possa fare bene e possa rendere la tua vita migliore? Una nuova abitudine? Passare più tempo con qualcuno? Lavorare di più o riposare? Un obiettivo non solo deve essere realistico, definito nel dettaglio e nel tempo di realizzazione, deve realmente aumentare il benessere di vita. Migliorare la qualità della nostra vita. Abbiamo bisogno di novità in azione, di quel nuovo che costruisce un pezzetto di mondo migliore. Ogni persona ha in sé una capacità latente da sviluppare. Quale può essere dunque il nuovo obiettivo che ti rende felice e porta felicità anche ad altri? Riesci a definirlo nello specifico e in modo realistico? È perseguibile? Quando puoi iniziare?
Vorrei concludere proprio con un punto interrogativo, con la potenza del porsi domande, sempre nuove e rispondenti ai bisogni di chi ha bisogno, sempre un po’ sfidanti di chi si guarda attorno.