Il profumo dell’intarsio

Stefano Diana ha trasformato un hobby in lavoro. Insolito, ma di grande soddisfazione.
Stefano Diana nel suo showroom

Ancor prima che la vista, il suo laboratorio a Lesa (Novara) colpisce l'olfatto: oltre 120 essenze, provenienti da tutto il mondo. Ma Stefano Diana non è un profumiere: è un intarsiatore, che realizza un variegato insieme di opere d'arte – cofanetti, quadri, mobili – ritagliando e incastonando pazientemente impiallacciature di legno dello spessore inferiore al millimetro. Un'arte appresa prima dal padre e poi dallo zio, e che fino ai vent'anni è solo un hobby. Ma, quando già pensa di rilevare la falegnameria del padre, un versamento di sangue al midollo spinale lo costringe su una sedia a rotelle. Un dramma che lo porta a rivedere non solo i progetti futuri, ma anche il modo di esprimersi come artista e come persona. Fa così dell'intarsio una professione, sostenuto dalla famiglia: «Mio padre mi ha aiutato ad allestire un laboratorio adatto alle mie esigenze – racconta – e la prima esposizione. Mia moglie Francesca – conosciuta dopo la paralisi – mi ha dato la carica per andare avanti, anche quando le perplessità mi spingevano a cercare un impiego che mi consentisse di avere le indennità per malattia».
 
Nel 2008, con il progetto regionale “Vita indipendente”, arrivano i fondi per un aiutante: prima un amico, poi una studentessa dell'Accademia di Belle Arti, Annita. Stefano vive con entusiasmo il passaggio di conoscenze: «Mi sento padrone di ciò che ho imparato, non la vedo come una concorrente. Ciascuno ha la sua sensibilità: come non le lascio carta bianca sui miei lavori, così lei dovrà cercare la sua maniera di esprimersi». Una relazione che si è sviluppata anche sul piano umano: vanno pure a sciare insieme. Perché Stefano sta seduto, ma non fermo: «Lo sport è una ricarica, la maniera di sentirmi uomo a tutti gli effetti».
Stefano ha partecipato a diverse mostre: in occasione dell’ultima gli è anche stato chiesto di dare lezioni a dei ragazzi di seconda media e all’università della terza età. Ma le esposizioni sono soprattutto opportunità di contatto con colleghi e clienti, con i quali Stefano vuole arrivare ad un’opera “condivisa”: «Mi piace pensare di essere l’esecutore delle loro idee e specchio delle loro emozioni, non solo delle mie: un po’ meno artista, un po’ più artigiano».
Per quanto Stefano continui a vivere il suo lavoro quasi come un hobby – «non so dove stia il confine» – qualche preoccupazione sul fronte economico c’è: «Posso lavorare solo mezza giornata, perché la cura del mio corpo richiede molto tempo – spiega – e tutti i risparmi se ne sono andati per la malattia mia e quella di mia moglie, che per fortuna ora sta meglio».
Tuttavia, Stefano guarda al futuro con serenità: «Tutte le fortune arrivate dopo la disgrazia – confida – le ho lette nella fede cristiana. Non mi sento “punito” da Dio». A dargli speranza è soprattutto la figlia Mede, che «ha iniziato a girare per il laboratorio a sei anni: ero terrorizzato che si facesse male con i taglierini». Nonostante la giovane età – tredici anni – ha già iniziato due quadri: il tempo dirà se anche lei coltiverà l’arte.
 
Per saperne di più, www.pezzidilegno.it

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