Il profitto, un mezzo per il benessere comune

Il Forum dei beni comuni e l'economia solidale del Friuli Venezia Giulia ha elaborato una proposta di legge regionale per la creazione di distretti economici «nuovi»: centrale il concetto del dono

Un contributo nato dall'esperienza di 36 realtà associative, riunite nel Forum per i beni comuni e l'economia solidale del Friuli Venezia Giulia: è questa la proposta di legge regionale sui beni comuni e l'economia solidale, presentata ai consiglieri nelle scorse settimane: «La parole chiave – ha affermato Giuseppe Rizzardo, uno dei promotori – è “terzo paradigma”, ossia alternativo sia al libero mercato che alla redistribuzione gestita dallo Stato: vogliamo promuovere un modello basato sul dono inteso non come opera di carità, ma come atto del dare e ricevere inserito nel contesto dei legami sociali».

Secondo la proposta, la Regione si impegna a sostenere lo sviluppo di «un sistema socioeconomico definito “economia solidale”, la cui coesione è basata sui princìpi di solidarietà, reciprocità e cura dei beni comuni»: a parteciparvi, una serie di imprese che riconoscono il profitto «non come fine ma come mezzo» per giungere ad un benessere comune imperniato sulla sostenibilità ambientale e sociale delle attività economiche. Tale sistema dovrebbe organizzarsi in distretti all'interno dei quali creare delle filiere produttive: il Forum ne ha individuate sette, dall'edilizia sostenibile all'agroalimentare, il cui funzionamento sarebbe radicato nelle comunità locali. Per quanto per ciascun distretto sia previsto un organo esecutivo, denominato “Tavolo di distretto”, «il potere decisionale risiede nelle assemblee aperte alla popolazione – ha assicurato Rizzardo –: vogliamo proporre una vera esperienza di democrazia diretta». Previsto inoltre un Tavolo regionale dell'economia solidale, con il compito di integrare le politiche dei singoli distretti e delle diverse istituzioni, ed una Federazione della bioregione Friuli Venezia Giulia, costituita dall'insieme dei distretti.

Tra coloro che già hanno visto con i propri occhi il potenziale di una legge regionale in questo settore c'è l'assessore Gregorio Piccin del comune di Tramonti di Sotto, uno dei quattro – insieme a Gorizia, Cormons e Romans d'Isonzo – che ha già adottato una serie di buone pratiche proposte dal Forum: «Abbiamo attivato una centralina a biomasse, installato il fotovoltaico nelle scuole, riattivato la vecchia latteria e incentivato le filiere corte nell'agroalimentare – ha raccontato –: ma senza una normativa regionale di riferimento, queste rischiano di rimanere soltanto piccole realtà non condivise su scala più vasta. Per questo è quantomai necessario che venga approvata».

Sarebbe appunto il coordinamento e lo sviluppo di settori quali l'agricoltura biologica o le energie alternative lo scopo della creazione dei distretti; ma non ne è escluso l'ambito assistenziale e sanitario, con attività volte all'inclusione dei disabili o all'assistenza degli anziani. Peculiarità di questo paradigma economico è infatti che le esperienze che vi rientrano non devono basarsi necessariamente sullo scambio di moneta, ma anche di altri beni: è il caso ad esempio delle banche del tempo, già ampiamente collaudate in diverse zone della regione.

In sede di presentazione, le reazioni dei consiglieri di ogni segno politico presenti erano state di sostegno: in particolare Alessio Gratton, presidente della Commissione attività produttive, aveva aperto alla possibilità di un'audizione in tale sede, essendo quella competente per questa materia. L'assessore Silvana Cremaschi inoltre, che vanta una lunga esperienza in campo medico, ha trovato particolarmente promettenti gli aspetti inerenti «l'inclusione della disabilità nella vita normale: ma anche la possibilità di portare nelle città esperienze di comunità considerate proprie dei piccoli Paesi, come lo scambio di beni e servizi non basato sul denaro o la cooperazione su scala locale».

Attualmente il testo della proposta di legge sta facendo una sorta di tour della regione: il Forum ha infatti deciso, prima di affidare la proposta ai tecnici, di farle un percorso nei vari territori, in modo che tutte le parti interessate – dai cittadini, agli enti locali, agli imprenditori – possano dire la loro. Una «consultazione pubblica» che vuole essere non solo una ricerca di maggiore consenso, ma soprattutto garanzia che ne esca un testo condiviso.

I più letti della settimana

Il sorriso di Chiara

Abbiamo a cuore la democrazia

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons