Il profeta-bambino

Per vent’anni dispensò sapienza dal suo eremo di Spello, sulle pendici del monte Subasio

Spello. Non indugerò stavolta a descrivere la cittadina fondata dagli umbri e poi denominata Hispellum in epoca romana, adagiata ai piedi del monte Subasio a circa cinque chilometri da Foligno e trenta da Perugia. Né accennerò ai notevoli monumenti romani, medievali, rinascimentali e di epoche successive che arricchiscono il suo centro storico facendone una meta privilegiata per gli appassionati di storia e di arte. Parlerò invece della Spello che in tre periodi dell’anno attira, sulle pendici di quel Subasio già segnato dalla presenza e dalla predicazione di san Francesco, frotte di ricercatori di Dio. Uomini e donne che nel silenzio degli oliveti e nella pace di un eremo accogliente ritrovano il senso del loro andare su questa terra. Parlerò della Spello sinonimo di fraternità – quella fraternità che caratterizza i Piccoli Fratelli di de Foucauld –, sinonimo anche di uno di loro, quel fratel Carlo Carretto che, dopo l’esperienza del deserto algerino, trascorse qui l’ultimo ventennio della sua vita, fino all’abbraccio con Dio la notte del 4 ottobre 1988, festa del Santo d’Assisi.

Era nato ad Alessandria il 2 aprile 1910, da famiglia contadina. Militante dell’Azione cattolica, a causa della sua opposizione al regime fascista fu esonerato dall’incarico di insegnante. Dal 1946 presidente della Gioventù italiana di Azione cattolica, nel 1953, per contrasti con quei cattolici che progettavano un’alleanza con la destra italiana, si dimise dall’incarico. Fu in questo periodo di sofferta ricerca che maturò in lui la decisione di entrare nella Fraternità dei Piccoli Fratelli di Gesù, la comunità religiosa che, ispirandosi alla spiritualità di Charles de Foucauld, si propone di seguire Gesù in una vita di comunione con il Padre e di condivisione concreta con i poveri, gli emarginati e i lontani per «gridare il Vangelo con la vita».

Nel dicembre 1954 Carlo Carretto partì per il suo noviziato in Algeria, dove per dieci anni visse da eremita nel Sahara: un’esperienza che lo avrebbe segnato per sempre, alimentando l’intera sua vita e il suo operato. Di nuovo in Italia nel 1965, si stabilì a Spello, dove da poco era sorta una fraternità di Piccoli Fratelli in un antico convento francescano. Ben presto la fama di fratel Carlo, accresciuta anche dai suoi libri di spiritualità, cominciò ad attirare un numero considerevole di credenti e no, gente comunque in ricerca: di qui il timbro dell’accoglienza assunto dalla piccola comunità.

Oggi da quel primo eremo, le cui pietre biancheggiano nel verde degli oliveti, ne sono nati una ventina, riadattando dei casolari abbandonati sparsi sul versante sud del Subasio, tra quelle che i seguaci di de Foucauld chiamano “colline della speranza” e che hanno tutta la dolcezza del paesaggio umbro. Essi sono riservati a quanti, fra gli ospiti, forgiati da una prima settimana di esperienza in comunità, hanno esigenza di pregare da soli. La partecipazione è aperta anche a intere famiglie. Oltre al programma per gli adulti, che alterna momenti di preghiera, di riflessione e di lavoro, è previsto per i bambini e i ragazzi un percorso ricreativo, educativo e spirituale curato da una équipe di animatrici e animatori. Eremo base della Fraternità è invece il quattrocentesco convento di San Girolamo, edificato col contributo finanziario di Braccio II Baglioni, signore di Spello. Sorge presso la frazione di Collepino, in una suggestiva zona naturalistica.

Tornando ai libri di Carretto – veri best seller tradotti anche in altre lingue, con molteplici riedizioni –, sono stati riproposti ultimamente Ciò che conta è amare e Padre mio, mi abbandono a te, pubblicati rispettivamente da Ave e da Città Nuova. Del primo, colpisce la foto di copertina, dove fratel Carlo sembra pendere dalle labbra di un ragazzo che gli parla alzando l’indice della mano destra. L’immagine sembra una riproduzione moderna della scena di Cristo docente tra i dottori. L’anziano esperto di Sacra Scrittura, ruminata negli anni di deserto e lungo tutta la sua esistenza, qui si fa piccolo imparando da un ragazzo. Fratel Carlo era proprio così, “profeta” con l’animo del bambino evangelico, uno che godeva della compagnia dei giovani, per lui emblema dell’eterna novità e giovinezza del Vangelo.

Il secondo titolo, con prefazione di Pablo d’Ors, uno dei massimi esperti di de Foucauld,  è – a detta dello scrittore spagnolo – «una lunga poesia scritta partendo dal profondo del cuore di un credente e diretta al cuore della Chiesa». Fin dalla premessa Carretto rivela una visione piena di ottimismo, cioè cristiana. Cito uno stralcio: «… è molto più interessante e lieto considerarsi costruttori di un domani nuovo che difensori di un passato ormai vecchio e compromesso. […] Siamo alla fine di un’epoca e il bello è che ne comincia subito un’altra che – ai fini del Vangelo – sarà forse più interessante e feconda. Volete perdere un po’ del vostro pessimismo? Cercate di frequentare qualche Assemblea liturgica di una delle tante comunità di preghiera che stanno spuntando come funghi nel gran bosco della Chiesa di oggi. Assisterete a delle esplosioni di gioia e di fede che forse non sono più di casa nelle vecchie cattedrali di un tempo, troppo serie e compassate. Se poi vi capitasse di prender parte a delle liturgie di quelle comunità, nelle quali si canta la Parola di Dio e solo la Parola di Dio, ne uscirete convinti che la Chiesa è estremamente giovane e rinasce continuamente dalle ceneri del suo passato. Io dopo trent’anni di Azione cattolica e dieci anni di deserto mi sento davanti a queste comunità oranti come un bambino che deve imparare ancora molte cose…».

 

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