Il primo passo
Per il primo dei quattro appuntamenti della rubrica, pillole di riflessione tratte da "Scelgo di amare" di Francesco Chatel (Città Nuova). Per “ricaricarsi” e ri-iniziare il viaggio della vita, non solo quello delle vacanze
Secondo un proverbio cinese «anche un viaggio di diecimila leghe inizia con un primo passo». Occorre innanzitutto decidere una buona meta per poter far centro e muovere quei primi passi perché il cammino inizi. Madrid può essere una buona occasione per molteplici ragioni, primo fra tutti quello di riprendere il “viaggio personale” verso Dio laddove si fosse interrotto. Francesco Chatel, autore per Città Nuova del libro Scelgo di amare, sul fatidico “primo passo” da compiere quando si inizia un viaggio, intreccia una serie di attente riflessioni e spunti di dialogo.
«Se guardiamo le tante volte in cui non siamo riusciti a prendere una decisione, a fare una scelta, vedremo che spesso ci ha spaventato il lungo cammino che ci si apriva davanti.
Se devo scegliere, ad esempio, a quale scuola superiore o a quale facoltà iscrivermi, comincerò a pensare a tutti quegli anni che ho davanti, alle materie che non saranno facili, agli esami, alle possibilità o meno di occupazione futura… e il tutto potrà apparirmi un po’ troppo impegnativo per me. Certo, occorre guardare alla meta, scegliere sapendo a cosa miro. Ma poi dovrò concentrami sul primo passo e fare quello.
«Per qualsiasi scelta dovremo, dopo aver riflettuto bene e deciso, guardare alla meta verso cui tendiamo e poi suddividere il cammino in tante piccole tappe, per cominciare a vivere la prima. Non sarà, quindi, un avviarsi senza meta; ma nemmeno un arrivare senza cominciare a percorrere la strada. Avremo chiaro il cammino, ma concentreremo tutte le forze in quella che sarà la tappa di oggi, di questo momento.
È nel presente che troviamo la luce per fare il passo di oggi. E, passo dopo passo, arriveremo alla meta.
«Se noi esistiamo e ci realizziamo nell’amarci, nell’essere dono, è logico che questo avviene nel concreto dell’attimo che vivo. Io non posso donarmi a qualcuno che non è con me adesso, né a chi incontrerò domani. Io posso donarmi a chi mi è accanto ora, nel momento presente della vita.
Solo ora e qui la mia vita è reale. Io esisto perché amo adesso. Non mi serve correre tanto avanti e indietro nel tempo, appesantendomi con i ricordi o i rimorsi e spaventandomi con le prove future. Faccio il mio passo ora e… sono vivo!
Amare chi incontri non è sempre facile, perché a volte ti pare superiore alle tue possibilità: solo vivendo il momento presente si riesce. Per un momento, infatti, ce la posso fare; ma spesso, se penso a tutto il giorno, mi pare di crollare.
«Nel compiere poi il mio passo nel presente, potrà anche succedere che si inseriscano imprevisti. Quante volte, ad esempio, stiamo facendo qualcosa e suona il telefono. Spesso la nostra reazione è quella di sfuggire, spinti dal desiderio di essere lasciati in pace a finire ciò che dobbiamo fare. Quando mi capita, cerco di fare un bel respiro, di interrompere quanto sto facendo e di rispondere cercando di concentrare tutta la mia attenzione su quanto mi dice chi è al telefono. E spesso, con sorpresa, mi accorgo che al termine della telefonata il lavoro interrotto riprende meglio di prima, se mi ributto poi subito nel compiere quanto stavo facendo.
«Non essendomi facile restare concentrato nell’attimo senza correre con il pensiero avanti e indietro, ho provato ad immaginarmelo come una stanza: apro una porta per entrare, vivo quel momento, chiudo la porta per uscire. Poi riapro la porta su un altro attimo. Sembra un gioco, ma è la dinamica dell’amore vero. Se amare, infatti, vuol dire donarsi completamente, io non posso farlo se intanto una parte di me è nel passato o nel futuro. Devo essere totalmente per quell’amico che è con me, vivendo con lui. Ma l’attimo seguente dovrò essere con tutto me stesso impegnato in un lavoro o in un gioco. E devo esserlo non solo fisicamente, ma con tutto il mio cuore, con tutto il mio pensiero. Alla sera, così, non mi ritrovo dentro un vortice di realtà che non mi lasciano dormire, ed è più facile “chiudere la porta” affidando a Qualcuno che fa le cose molto meglio di me ciò che ancora resta da fare.
«Fare un passo alla volta mi permette questo continuo rinnovarmi e fa sì che anche un cammino lungo possa essere percorso fino al termine. Mentre lo facciamo, quasi non ce ne accorgeremo; ma poi, guardando indietro, scopriremo con gioia che i passi fatti, uno per uno, sono stati tanti e che la scelta si è concretizzata.
Quando sto per investire tempo ed energie in qualcosa, vorrei essere sicura di come andrà. Per questo ci penso a lungo e spesso i dubbi che mi vengono sulla possibilità di successo sono così tanti che mi bloccano. È possibile avere la sicurezza che i passi da fare siano quelli giusti?
«Si intrecciano qui due concetti che tu indichi come sovrapposti, ma che occorre esaminare meglio: certezza di riuscita e passi giusti.
La certezza matematica di come andrà non potremo mai averla, ma dovremo comunque impegnarci a riflettere su cosa vogliamo raggiungere e impegnarci con tutti noi stessi. Fatto questo, dobbiamo, come abbiamo più volte detto, vedere quali passi intraprendere e cominciare dal primo.
Se i passi fatti saranno quelli coerenti con il nostro progetto, avremo buone possibilità che si realizzi, ma resta comunque un margine di imprevedibilità che ci fa comprendere che non sempre quanto riteniamo la soluzione migliore lo sia o che sia possibile realizzarla. Non voler accettare questo limite potrebbe sembrare sintomo di libertà e di crescita, mentre invece può diventare qualcosa che ci blocca. Dobbiamo, infatti, puntare a grandi mete, senza imporci noi dei limiti; ma, nello stesso tempo, dobbiamo accogliere quei limiti che la situazione ci pone, impegnandoci comunque ad amare. Ma ne parleremo meglio nel prossimo capitolo».
Quando sto per prendere qualche decisione importante, il mio passato mi pesa. In particolare se penso ai tanti miei errori…
«È vero. Anche quando abbiamo riflettuto bene e deciso il primo passo da fare, può bloccarci il fatto che lo avevamo già provato in passato e che non c’eravamo riusciti.
L’emozione negativa legata all’insuccesso provato o al fallimento ancora scottante può essere pesante come un masso e fa sì che il passo che abbiamo davanti ci sembri quasi impossibile. Occorre allora concentrarci nel presente, guardare non al cammino percorso, ma allo spazio che abbiamo davanti e muoverci, magari lentamente, ma muoverci.
L’esercizio di aprire e chiudere le porte per restare nel presente è ancor più essenziale per lasciarci alle spalle quanto ci pesa: ogni sera possiamo chiudere la porta di quel giorno e ogni mattino aprire quella del nuovo giorno, dimenticando quanto noi o altri abbiamo fatto. E sarà una nuova, bellissima possibilità».