Il primo eroe olimpico della vela
Primo a firmare un poker olimpico individuale nella stessa specialità, un’impresa poi eguagliata solo da Al Oerter nel disco, Carl Lewis nel lungo e proprio quest’anno da Michael Phelps nei 200 misti, Elvstroem si aggiudicò il primo oro nel 1948 a Londra nella one-man classe Firefly, quando era carpentiere di professione a Copenaghen. Risalì sul gradino più alto del podio nella classe Finn (sostanzialmente l’evoluzione dei Firefly) nel 1952 a Helsinki, nel 1956 a Melbourne e nel 1960 a Roma, quando le regate si disputarono nel Golfo di Napoli. In ambito velico restò addirittura ineguagliato sino a Londra nel 2012, quando sir Ben Ainslie, tra i primi a omaggiare Elvstroem su Twitter, vinse il quarto oro consecutivo.
Nato a Hellerup, l’odierna Gentofte, nel 1928, era legatissimo alla moglie Anne e alle quattro figlie, tanto da portare l’ultimogenita, Inge Trine, in coppia con lui nella classe Tornado ai Giochi olimpici: così padre e figlia, unica coppia simile ad avere partecipato alle Olimpiadi, conclusero la gara al quarto posto, a sette decimi di punto dal bronzo, ma a livello europeo vinsero due titoli insieme. Tentarono nuovamente a Seul nel 1988, anche se si classificarono solo quindicesimi in quella che fu l’ottava e ultima olimpiade per quello che passa alla storia come l’eroe della vela.
«A stare a casa con cinque donne c’è da impazzire» era solito rispondere ironicamente a chi gli chiedeva se non fosse ancora stanco di regatare in giro per il mondo, quando a Los Angeles 1984 il cinquantaseienne scandinavo decise di tornare veleggiare. E dire che, se non ci fosse stato il cambio di barca, se non fosse arrivato il britannico Ben Aslie sarebbe stato ancora l’unico velista a potersi fregiare del poker olimpico consecutivo. Eletto sportivo danese del secolo nel 1996, Elvstroem ha passato di fatto più tempo in mare che sulla terra ferma.
«A scuola ero il peggiore, così cercavo di esprimermi in un altro modo, passavo ore seduto su una barca a remi a guardare il mare. Il mio animo era quello del lottatore: per questo decisi che avrei fatto di tutto per diventare un velista vincente» diceva. Lascia da ammirare un palmares da 15 titoli mondiali in otto classi diverse, tra cui Soling, Star, Flying Dutchman, Snipe e Finn, e 8 Campionati Europei. «È stato uno dei più grandi di tutti i tempi, in assoluto ‒ ha affermato il presidente del comitato olimpico danese, Niels Nygaard ‒. È grazie a lui se la vela danese è diventata una potenza». Ma preferiamo ricordarlo con un’altra espressione, molto nota e citata tra i velisti: «Se per vincere perdi il rispetto dei tuoi avversari, la tua vittoria non conta niente».
Negli ultimi anni era stato colpito dal morbo di Parkinson ma,oltre ai risultati sportivi, ha portato un contributo alla vela in termini di innovazione sia per quanto riguarda il regolamento di regata sia per la tecnologia nell’equipaggiamento delle barche, come testimoniano i cosiddetti estrattori Elvstrom, come anche del resto nell’abbigliamento dei velisti. Sempre il suo nome firma il progetto dell’imbarcazione Trapez, quasi a ricordare ad ogni appassionato di vela come vi siano passioni che resteranno per sempre legate ad ogni vento oceanico.