Il prete che piace al papa
El cura gaucho. Il cura mandriano. Così era soprannominato Josè Gabriel del Rosario Brochero. Il secondo santo argentino, canonizzato, questa volta, da un papa argentino. In tempi in cui per realizzarsi oggi alcuni sacerdoti rincorrono la carriera e i mestieri più vari, mentre trascurano, a volte, l’essenziale, il nuovo santo canonizzato ieri ci ricorda la missione di un sacerdote: la paternità, la cura delle persone da ogni punto di vista: materiale e spirituale.
Siamo nella seconda metà dell’800 nella Pampa de Achala non lontano da Cordova, nel centro Nord dell’Argentina. La vita è molto difficile: strade battute in terra rossa, i cristiani che combattono per difendere i loro confini e le loro mandrie. Brochero promette, fin dall’ordinazione sacerdotale del 1866, di dedicarsi a loro: ai più poveri e bisognosi. Versano tempi di guerra perché sono in corso i combattimenti tra Argentina e Paraguay e i gauchos (simili ai cowboy del Nord America) muoiono senza comprenderne il motivo.
Tra povertà, guerre, peste, Brochero viaggia imperterrito sulla sua Malacara, una mula dalla frangetta bianca, sfidando indios, nevicate impreviste, strade impervie di montagna per cercare le fattorie più lontane. Usa dire, con il suo carattere allegro e coinvolgente: «Sono venuto a portarvi la musica! Mettete a bollire l’acqua e facciamoci una bella chiacchierata davanti a una tazza di mate!».
La sua parrocchia si estende per 200 chilometri quadrati che lui percorre in lungo e in largo alla ricerca dei bisogni delle persone lì dove vivono. Si comprende perché sia un modello per papa Francesco. In lui vede «l’attualità del Vangelo e un pioniere nell’uscire verso le periferie geografiche ed esistenziali. Non rimase nell’ufficio parrocchiale e a forza di uscire a cercare la sua gente sulla sua mula si logorò finendo con l’ammalarsi di lebbra come un callejero, cioè un prete di strada». Era un prete, insomma che «odorava di pecora, che si fece povero tra i poveri, che lottò sempre per stare vicino a Dio e alla gente».
Seppe uscire dalla tana del «io-me-mio-con-me-per-me», dell’egoismo meschino che tutti abbiamo, vincendo se stesso, superando con l’aiuto di Dio quelle forze interiori di cui il demonio si avvale per incatenarci alle comodità, alla ricerca del piacere del momento, alla poca voglia di lavorare».