Il pregio di Salgari

La fantasia inesauribile, la documentazione scrupolosa dei luoghi (mai visitati) dei suoi romanzi, la favola dell'uomo in lotta contro le avversità, fanno dello scrittore veronese un evergreen per grandi e piccoli
Copertina del libro di Salgari

Fino a qualche generazione fa, Salgari era, si può dire, il protagonista dei sogni di ogni ragazzo italiano. Poi, alle sue fortune editoriali da vivo, e al suo sfruttamento da morto dovuto ai romanzi apocrifi e alle imitazioni, è seguita una lunga pausa di quasi dimenticanza, sotto l'onda di nuovi gusti e di nuove esigenze; per tornare alla ribalta in anni recenti, quasi per una "riscossa" simile a quella di certi suoi eroi, perseguitati, dati per morti eppur sempre di nuovo vegeti e battaglieri. Non mi riferisco soltanto alle fiction televisive, periodicamente riproposte, che vedono in azione gli inossidabili Sandokan, Yanez, Tremal-Naik, il Corsaro Nero… Certamente non va sminuito il ruolo di queste riduzioni per il piccolo schermo nel far conoscere ai giovani che lo ignorano il nostro maggior scrittore d'avventure, e rinverdire fra gli adulti nostalgici le letture della loro giovinezza. In realtà il fenomeno è più ampio e articolato.

Senza troppo clamore, da qualche decennio Salgari è oggetto di studi, di convegni col fior fiore di esperti che ne scandagliano la figura e l'opera. Si scrivono articoli, biografie e saggi intorno a lui. Si evidenziano le sue fortune all'estero. Si ripubblicano i suoi articoli firmati con pseudonimo per la Nuova Arena. Dei suoi romanzi, che dopo la tragica morte avevano subìto rifacimenti e riduzioni, si stanno moltiplicando le edizioni critiche corredate, non di rado, dalle affascinanti illustrazioni d'epoca. Si va inoltre riscoprendo la sua produzione meno nota, ma non meno attraente: quella dei racconti. E ancora: esiste un sito web che dischiude l'universo letterario salgariano, condotto con competenza da una giovane fan dello scrittore, la quale si firma (è tutto dire!) "La Perla di Labuan".

Venuta meno l'etichetta, attribuitagli in passato, di "scrittore per ragazzi", si riconosce in lui un autore che ha qualcosa da dire sia ai giovani che agli adulti. Insomma di Salgari, ormai considerato un classico nel suo genere, sta avvenendo ciò che è vero di un vino di pregio: più invecchia, più sprigiona accattivanti fragranze. In un'epoca in cui la letteratura per ragazzi tendeva al moraleggiante, egli operò una sorta di rivoluzione. I suoi eroi non si attardano a sentenziare, a impartire lezioni, dovendo misurarsi con un mondo spesso infido e irto di pericoli; e per questo ricorrono a tutte le risorse dell'amicizia, della lealtà, del coraggio. Appartengono, poi, a tutti i popoli, non escluse le nazioni verso le quali, per la loro politica colonialista, lo scrittore nutriva un'istintiva antipatia. Inoltre le sue eroine di razza bianca spesso s'invaghiscono di partner di colore, cosa che all'epoca faceva arricciare il naso a qualcuno.

Naturalmente non sono tanto questi elementi a spiegare l'attuale revival salgariano. Ma v'è dell'altro. Nel panorama letterario odierno, intasato di autori spesso cervellotici e sofisticati, che "calcolano" al millimetro il nuovo best seller, un Salgari narratore istintivo, sincero e, starei per dire, ingenuo, ha l'effetto di una boccata d'aria pura che rinfranca. Certo, anche lui dosava sapientemente i suoi ingredienti, rifacendosi spesso a materiali altrui. Ma con tutto ciò riusciva a creare un proprio universo dando a quelle storie risapute l'inconfondibile sigillo della sua scrittura: soprattutto, infondendo loro un soffio di vita e di poesia. Come quegli artisti dell'arte povera, che da umili oggetti del quotidiano, scartati o usurati dal tempo, sanno ricavare creazioni originali.

Con toni e modi suoi personali, lo scrittore veronese ripropone l'eterna favola dell'uomo che cava il meglio di sé lottando contro le avversità della vita, come invitando il suo uditorio attorno ad un caminetto, così, familiarmente. Qui però protagonista è la parola scritta, l'avventura di carta quasi più affascinante di un viaggio reale.
 
 E a proposito: se Salgari avesse potuto visitare i luoghi dei suoi romanzi, ci avrebbe lasciato opere avvincenti come quelle che conosciamo? Come è noto, infatti, lo scrittore che si autodefinì "forzato della penna" per la necessità di provvedere alla numerosa famiglia, non varcò mai i confini d'Italia e per descrivere gli scenari delle sue storie avventurose attinse alle biblioteche e ai resoconti di viaggi con uno scrupoloso lavoro di documentazione. Riuscendo però, a differenza di alcuni tra gli stessi autori-viaggiatori a cui egli si ispirò, ad inserire i dati storico-geografico-naturalistici senza inceppare l'azione e quasi mai appesantire la pagina.
 
 A questo nostro mondo disincantato e alla continua ricerca di surrogati eccitanti e morbosi, il romantico Salgari offre la sua ricetta per trasfigurare il reale e riscattarlo dalla sua banalità: le risorse inesauribili della fantasia o del sogno. Una ricetta a cui egli si mantenne fedele anche fra drammi personali e familiari (dalla minaccia di cecità alla pazzia della moglie…) Certo, apprezza Salgari chi è riuscito a mantenersi giovane dentro, chi sa ancora provare slanci ideali e stupirsi davanti alle meraviglie di questo nostro vecchio mondo. L'eventuale delusione di chi, oggi, si accosta alla sua opera per la prima volta, o vi ritorna da adulto, potrebbe indicare quanto, purtroppo, si sia allontanato da questo spirito; e al tempo stesso, quanto ne abbia bisogno.

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