Il potere è una poltrona nera, vuota e sfondata

In tournée Giulio Cesare di Shakespeare a cura del regista Andrea Baracco: rappresenterà l'Italia alla rassegna internazionale di teatro in occasione dei Giochi olimpici
Giulio Cesare di Shakespeare

C’è un balletto di porte slabbrate manovrate a vista, di ante che scorrono avanti e indietro, da un lato all’altro della scena. Porte ferme, trascinate sulle spalle, sbattute a terra, dove bussare coi pugni e la testa, che delimitano spazi, definiscono luoghi e azioni. Porte come muri dove arrampicarsi, che si aprono e si chiudono svelando o nascondendo trame notturne. Ci sono mani e volti che affiorano da esse, e oggetti simbolici. Porte come lavagne da segnare con gessi colorati, per tracciare pensieri, ferite mortali, sogni maldestri, visioni apocalittiche, moti dell’animo.
 
Gessi taglienti come lame per incidere il colore del sangue su una poltrona nera, sfondata e sghemba, trappola di pensieri nefasti, eletta emblema del potere. Sedia come oggetto su cui si materializza, ma solo nell’immaginazione, il corpo di Cesare, sul quale infliggere le pugnalate mortali. E ci sono spose in bianco e in nero, che s’aggirano fra i loro uomini, a predire, inascoltate, sciagure e tempi bui. E c’è, ancora, un flusso ininterrotto di musiche, folate di suggestioni sonore dove la minaccia e l’inquietudine sono continuamente presenti. Si respirano, insomma, le atmosfere del lituano Eimuntas Nekrosius nell’impianto scespiriano del Giulio Cesare messo in scena dal regista Andrea Baracco, spettacolo selezionato in rappresentanza del teatro italiano al Festival “Globe to Globe” (l’1 e il 2 maggio), la rassegna internazionale che vede in scena le 37 opere di Shakespeare in 37 lingue diverse, programmata da aprile a giugno in occasione dei Giochi olimpici.
 
Emerge la forza evocativa delle parole del testo in questo intenso lavoro di sottrazione a vantaggio di una scarnificazione poetica che fa affiorare immagini, gesti e segni affogati in luci suggestive, per raccontarci, in fondo, una storia di uomini fragili, esaminati nell’intreccio dei loro destini, ma anche nel segreto della loro vita interiore. Cesare è assente, solo evocato dai protagonisti dell’ideazione, organizzazione e realizzazione della congiura tutta racchiusa nel notissimo: «Tu quoque Brute, fili mi».
 
L’intensità delle vicende, delle passioni e dei sentimenti che sfociarono nella cospirazione contro Cesare e poi nel suo assassinio durante una riunione del Senato a cui si era recato nonostante le premonizioni dell’indovino e della stessa moglie, emerge come un fiume in piena in questa intelligente scrittura scenica. Baracco e i suoi sei bravi interpreti, con semplici e visionarie invenzioni sceniche si confronta sui tratti dei personaggi e sulla loro fragile umanità, fatta di dubbi e turbamenti, incertezze e decisioni affrettate, scatti di violenza e pentimenti. Da un brusio indistinto di voci, suoni e ossessioni, nell’ora della notte emergono i protagonisti, uomini travolti dall’invidia, contagiati dalla crudeltà e dal caos, presi da una tensione fortissima che può placarsi solo con la soppressione fisica di chi ha dimostrato una grandezza schiacciante e, per essi, ineguagliabile.
 
“Giulio Cesare”, di William Shakespeare, regia di Andrea Baracco, adattamento di Vincenzo Manna e Andrea Baracco. Al Teatro India di Roma fino al 4 marzo, al Teatro Tor Bella Monaca l’8 e il 9, al teatro Biblioteca Quarticciolo il 10 e 11. In tournée

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