Il più difficile stress test dell’ Unione
I recenti avvenimenti terroristici e la crisi dei profughi indicano forse che stiamo vivendo uno di quei periodi storici che accadono ad intervalli molto lunghi. Dopo la Seconda guerra mondiale, tanto in Europa quanto in Grecia, abbiamo vissuto un periodo di benessere, pace e stabilità avendo l’illusione che non si sarebbe più fatta marcia indietro. Col passare degli anni abbiamo pensato che l’acquis communautaire fosse una cosa permanente e non ci siamo accorti della sua vulnerabilità. Però gli sviluppi degli ultimi anni, a tutti i livelli, e particolarmente quelli recenti dimostrano che l’Unione europea deve affrontare un difficilissimo stress test di cui non si conosce il risultato.
Non è per niente sicuro, ad esempio, che l’Unione possa mantenere tutti quegli elementi che l’hanno resa una realtà speciale e unica: le frontiere aperte, la stabilità economica, il welfare. Quest’ultimo è sotto enorme pressione, la stabilità economica risulta molto vulnerabile, le frontiere si stanno chiudendo a causa del grande numero dei profughi. Nello stesso tempo la paura e il panico che gli avvenimenti terroristici provocano potrebbero finire con l’accelerare la decomposizione dell’Unione. Frontiere chiuse, azioni di polizia e militari e insicurezza combinati con la crisi della classe media, con l’isolamento e l’aumento dei partiti a tendenza fascista o fascistoide ci allontanano dall’unita europea. L’Unione ha posto un’enfasi particolare sulla disciplina fiscale ed economica, strangolando Paesi e popoli; non altrettanto ha fatto con la politica estera. Ovviamente le soluzioni non sono facili e richiedono politici all’altezza di affrontare questo tipo di questioni.
Forse è presto per azzardare le conseguenze di tali sviluppi comunitari in Grecia, ma è innegabile che il Paese sia sotto grande pressione, non solo a causa dei problemi fiscali ma anche di quelli provocati dalle ondate di profughi e migranti. Un pericolo strategico che la Grecia dovrebbe affrontare è la chiusura delle frontiere dai vari Paesi balcanici, che farà emergere un dilemma tragico: chiudere pure noi le frontiere, abbandonando tanta gente nelle onde dell’Egeo o rendere il Paese un immenso campo profughi che senza nessuna prospettiva? Nessuna di queste soluzioni sarebbe sopportabile e verrebbe accettata né dal popolo, né dai politici. Però il problema rimane e richiede una soluzione. I panettieri di Kos e di altre isole, le nonne di Lesbo, The Hellenic Initiative (una associazione di greci della diaspora che si prende cura dei bambini che non sono accompagnati) non bastano più, figuriamoci se i numeri di profughi aumentassero al punto di essere considerati fuori controllo.
Nel frattempo sembra che i vari summit non producano risultati. La sfida è enorme: l’Unione deve passare questo stress test per il bene comune dei suoi Stati membri, per la democrazia, per la parità e l’uguaglianza, per il dialogo, per la pace.