Il pianista prodigio

Al Parco della Musica, a Roma, grande successo di pubblico per il musicista russo Evgeny Kissin

Ovazioni interminabili.  La sala Santa Cecilia – 2800 posti  a Roma, al Parco della Musica – non finiva più di ringraziarlo. Pure Antonio  Pappano, il direttore  dell’orchestra dell’Accademia appariva entusiasta.  Parliamo di Evgeny Kissin di Mosca, enfant prodige dall’età di sei anni ed oggi uno dei pianisti più bravi al mondo. Bravo non solo per la diabolica perizia tecnica che questo giovane quarantenne dal sorriso angelico sfodera con inimitabile grazia e facilità, rispondendo con inchini perfetti al pubblico osannante, come un “Signor” virtuoso  (la classe non è acqua, gli artisti sovietici ci insegnano educazione e signorilità). Ma bravo soprattutto perchè Kissin ha la capacità di entrare completamente nella musica che suona, di “essere” il compositore stesso. Non è ossessionato  – sia detto con rispetto – dalla tecnica, come un Lang Lang e i suoi seguaci cinesi. Kissin punta al cuore della musica, all’ispirazione di un brano e la trasfigura secondo la propria sensibilità cambiando atteggiamento, movenze, lineamenti del volto. E’ Mozart nella giovanile Sonata in do maggiore K.330, limpido come in un gioco di bicchieri di vetro, cantabile, elegante, fine: puro settecento, con un tocco preromantico. Le dita scivolano sui tasti come luci.

E’ il Beethoven dello Sturm und Drang – tempesta e assalto – ossia il romanticismo più fiero e selvaggio  nella Sonata in fa min. “Appassionata”. E che passione, che fremiti, quali tempeste escono da un pianoforte diventato orchestra. E’ scatenato, fuggente, nell’ultimo tempo si inerpica su un virtuosismo impossibile, sembra  la fine del mondo. Certo, il Beethoven passionale fa anche paura.

Poi si passa a Brahms ed è intimismo, dialogo solitario col cuore nei Tre Intermezzi op. 117, un poco tristi, introversi, sfumati come presagissero la conclusione della vita – come poi è avvenuto – ma senza ribellioni, tempeste, quasi un voler andare via senza disturbare. Grandissimo Brahms nelle mani di Kissin.

Ed infine la Spagna più ardente e vulcanica con le musiche di Albeniz e di Larregla. Kissin svela il fuoco che cova sotto la cenere, e che è dentro di lui, ben chiuso nell’aspetto elegante e riservato. Un fuoco d’artificio di quelli eclatanti, una gran voglia di danzare, di correre e di vivere. Seducente. E infatti il pubblico è esploso. Ma anche lui, Kissin, aveva una gran voglia di far festa dopo aver scalato le vette dei geni. Infatti ha concesso quattro bis.

Per chi  volesse saperne di più, c’è (quasi) tutto sul suo sito. Anche se un concerto dal vivo è tutta un’altra gioia.

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