Il peggio è arrivato
Quello che tanto a lungo si temeva sta arrivando. Ormai la Siria si trova in uno stato di guerra civile, con ampi territori ormai sfuggiti al controllo dell’esercito di Assad, bombardamenti selvaggi, attentati terroristici, profughi in fuga. Lo scenario non è dei più rassicuranti. Fonti locali parlano di totale insicurezza e di vendette ormai in atto.
Nel frattempo, noto personaggio religioso della regione, il gesuita Paolo Dall’Oglio, priore del monastero siro-cattolico di Mar Mousa, sta lasciando il Paese, rispondendo ad un invito dell’autorità ecclesiastica: la sua presenza non sembra più accettata sul posto. Da parte sua, mons. Mario Zenari, nunzio apostolico a Damasco, ha rilasciato una dichiarazione alla Misna a proposito di notizie circolate nei giorni scorsi su diversi organi di stampa, secondo cui i civili cristiani nella regione occidentale della Siria sarebbero presi di mira da gruppi di estremisti islamici salafiti: «Che la situazione sia complessa non c’è alcun dubbio. Ma i cristiani non sono più bersagliati di altri. Tra i civili ammazzati negli ultimi massacri, da Hama a Houla, che non hanno risparmiato donne e bambini, non c’erano cristiani. Si trattava per lo più di musulmani sunniti. Parlare di persecuzione, come ho letto su alcuni mezzi di informazione contribuisce ad alimentare la confusione su una situazione che è già di per sé molto fosca». Anche questi sono sintomi preoccupanti del degradarsi della situazione.
In guerra civile, lo si sa, saltano tutte le regole, anche quelle del buon senso e della correttezza istituzionale più basilari: così anche gli osservatori dell’Onu non hanno più la sicurezza di non essere attaccati. E si dà la stura alle più macabre immondizie che abitano nel cuore dell’uomo, e dell’uomo combattente. Non occorre qui ripetere quanto dicono ad libitum tv e web. Con la complicazione che la menzogna sistematica diventa arma privilegiata di combattimento: nulla è più chiaro, chi fa cosa, se le foto diffuse sono autentiche o manipolate, se le notizie delle grandi agenzie di stampa sono veridiche o meno, se gli stessi osservatori esterni hanno la possibilità di avere una visione d’insieme degli eventi, se i blogger sono sinceri o pilotati.
Bisognava intervenire prima con forze d’interposizione internazionali, equilibratamente e non sposando solo una parte in conflitto. Passo che non è stato attuato dalla comunità internazionale, e di cui ora si pagano le conseguenze. Mutatis mutandis, accade quanto l’Europa sta vivendo con l’euro: si interviene solo all’ultimo momento, quando la casa già brucia, per evitare che l’incendio si propaghi al vicinato.
Gli scenari che si aprono sono quindi vari:
- scenario “libico” (il più probabile): avverrà una rapida caduta militare del regime di Assad sotto la spinta delle milizie collegate con servizi segreti occidentali e di forze oscure del terrorismo internazionale, con conseguente istituzione di una autorità provvisoria che cercherà di gestire la transizione. Seguiranno lunghe lotte tribali ed elezioni finali che daranno tutto il potere in mano alle forze sunnite affiliate coi Fratelli musulmani;
- scenario “yemenita” (il meno probabile): dopo tante pressioni, Assad accetterà di andarsene in esilio, affidando il potere nelle mani di suoi fedeli, lasciando però un Paese in preda a continue lotte, che dureranno per un tempo indefinibile, alimentate dalle influenze straniere, sciite e sunnite;
- scenario “libanese” (il più auspicabile): avverrà una composizione del conflitto sotto l’egida di istituzioni internazionali, con la stipula di accordi costituzionali di spartizione del potere tra le diverse etnie e gruppi sociali e religiosi, in particolare tra sunniti e sciiti;
- scenario “algerino” (ormai difficile da realizzare): il regime attuale si manterrà al potere, facendo gradualmente delle riforme e condividendo con altre forze politiche (non le milizie a esso contrarie) la guida del Paese;
- scenario “iracheno” (apocalittico, ma non impossibile): si scatenerà una guerra su vasta scala, coinvolgendo i Paesi più influenti della regione (Arabia Saudita, Qatar, Turchia, Libano, Iran…).