Il Pd secondo Renzi
Dopo la XXX assemblea dell’Anci, Firenze continua a monopolizzare l’agenda mediatica e politica italiana. Questa volta tocca alla kermesse “Diamo un nome al futuro – Leopolda 2013”, terza edizione della rassegna voluta dal sindaco Matteo Renzi per discutere sull’Italia. Ma stavolta la connotazione è lanciare la propria candidatura «verso l’infinito e oltre», per usare qualche giocosa espressione dei partecipanti stessi.
Fuor di metafora, in ballo c’è la segreteria del Partito democratico, le cui primarie si terranno l’8 dicembre, ma soprattutto la conseguente corsa alla presidenza del Consiglio, secondo l’imperativo principale che contrassegna più che mai l’ultima versione leopoldina: vincere. In effetti, il clima è già quello della vittoria annunciata e questo porta subito Renzi a rispondere alla prima criticità sollevata rispetto al possibile doppio ruolo di sindaco e segretario: «Un segretario deve essere un amministratore vicino alla gente, come noi sindaci» si è schermito venerdì sera, inducendo il segretario del Pd Epifani come a chiarire che «si vedrà in concreto come rendere compatibili le due cose».
Per strategia o necessità che sia, il rapporto con la segreteria Pd appare, per la prima volta, armonico e lo stesso Epifani ha sottolineato la «necessità che i politici parlino dei problemi veri del Paese». «Anch'io vorrei farlo di più mentre spesso mi trovo a parlare di cose che interessano poco – ha affermato –. La situazione è drammatica, l'Italia si sta dividendo sempre di più tra chi non ha nulla e chi invece, per fortuna o per sue capacità, non ha perso quasi niente».
La presenza di Epifani costituisce notizia, se è vero com’è vero che questa edizione della Leopolda non vede in concomitanza altri rilevanti appuntamenti organizzati dal partito. In sala non campeggia neanche una bandiera del Pd, perché per Renzi «le prossime elezioni si vincono recuperando gli 8 milioni che hanno votato Grillo, e chi non ne può più del Pdl, andandoli a prendere con le nostre idee», e sottintende senza simboli di parte. Anche Epifani evita presunti apparentamenti diretti aggiungendo: «Non abbiamo solo lui, ne abbiamo tanti e questa è la nostra forza», riferendosi agli altri candidati.
Giochi di luci, gadget, t-shirt, video, cento tavoli di discussioni tematiche, pannelli e molto entusiasmo, nel pieno stile da campagna “made in Usa” tanto cara all’impostazione voluta dal sindaco fiorentino fin dalla prima edizione della kermesse. Grande l’attesa e la conseguente affluenza. Molte le voci sul palco che accennano in quattro minuti a una sterminata varietà di spunti, tra i quali non mancano «le sperequazioni intergenerazionali» citate dal finanziere Davide Serra, che Renzi presenta come "l’amico" difendendolo dagli attacchi sulla vicenda Cayman.
Rimbalzano a ripetizione concetti come sogno, emozione, speranza, futuro, legati all’espressione “cambio”: di passo, di verso, di strategia. In termini razionali, decifrare al momento la conseguente sintesi politica appare esercizio tanto approssimativo quanto prematuro, ma intanto il sindaco incassa l’assoluta attenzione del Paese (molti i non toscani presenti) e quella dei tg e dei media nazionali, che aprono le loro trasmissioni dando riscontro del meeting renziano.
Sul palco della Leopolda anche il ministro Graziano Delrio, che precisa: «Il partito di Matteo non è di un uomo solo al comando», mentre il ministro Dario Franceschini si è detto «d’accordo sul fatto che sicuramente non ci dovranno essere mai più larghe intese». Cambio della legge elettorale e via le province alcuni degli indirizzi concreti emersi dal dibattito, mentre Italia, Europa, lavoro, educazione sono i quattro temi su cui va indirizzato il programma del Pd secondo Matteo Renzi, per una «rivoluzione della semplicità».
Se non altro, è già evidente il “cambio” dell’agenda mediatica, impegnata l’8 dicembre contemporaneamente a raccontare non solo le primarie del Pd ma anche le scelte dell’unico contendente ancora in grado, se non altro mediaticamente, di contrastare la presenza del sindaco fiorentino. In quella data si decide il futuro per il Pd, per il Pdl, per Forza Italia e forse anche per il Paese.