Il patto dei bambini
Tutta grigia era decisamente una città molto triste. Del resto, non ci voleva molto, per rendersene conto: bastava il nome.A Tutta grigia le case, il cielo, gli alberi, i tram e persino i grembiuli di scuola dei bambini, tutto era grigio. I suoi abitanti non si rassegnavano a vivere in quel grigiore e cercavano in tutti i modi di rendere bella e accogliente la città. Un giorno, decisero di ornarla con fiori di ogni tinta e varietà: fiorirono i balconi e i davanzali delle finestre, si riempirono di fiori gli autobus e i tram; persino dalle cassette delle lettere e dai comignoli spuntavano fiori. L’effetto era stupendo. Ma il mattino dopo, quando gli abitanti della città spalancarono le finestre delle loro case, con gli occhi ancora impastati di sonno, si accorsero che tutti i fiori erano diventati grigi. Non se ne salvava neppure uno. Forse c’era qualcosa nell’aria di Tutta grigia che produceva quello strano effetto sulle cose. In attesa di una soluzione, si pensò bene di sostituire le luci dei semafori con dei numeri: la circolazione in città infatti era diventata impossibile, perché tutti i dischi dei semafori erano grigi. Il rosso fu perciò sostituito con il numero uno, il giallo con il due e il verde con il tre, così almeno si poté di nuovo circolare per le strade senza pericolo. Una grigia mattina di maggio, capitò sulla piazza della città uno strano omino: indossava pantaloni di un bel giallo carico, una camicia a righe verdi e viola, una giacca di velluto rosso e un cravattino azzurro. Se ne stava seduto sulla sua valigia, con le mani conserte. – Veda di non fermarsi molto qui,altrimenti il suo bel vestito diventerà grigio! – si premurò di dirgli una signora, passandogli accanto. L’omino sorrise e non disse nulla.Terminata la scuola, si formò attorno a lui un capannello di bambini.Tutti lo studiavano con attenzione e ognuno voleva dire la sua. – Per me è un prestigiatore – disse sicuro Guido – perché porta il cappello a cilindro. – Se è un prestigiatore, chissà cosa avrà in quella valigia! – esclamò Nicola. – Perché non la apre? – chiese Ornella all’omino. Ma l’omino non rispose e non si mosse. La bambina pensò di essere stata poco educata e riformulò la domanda, aggiungendo: per piacere. Ma la sua cortesia non cambiò nulla e i bambini si allontanarono, delusi. Il mattino dopo, il primo a passare sulla piazza fu Ottavio, il conducente del tram e che cosa vide? Quell’omino originale era sempre là. Salutò con la mano Ottavio e gli sorrise, ma non disse nulla. Passò così una settimana e sapete qual era la cosa che incuriosiva di più gli abitanti di Tutta grigia? Non si domandavano tanto chi fosse quell’omino e cosa ci facesse là seduto, ma: perché i suoi vestiti non erano diventati grigi? I bambini non trovavano per niente divertente quell’ostinato silenzio e, uscendo dalla scuola, gli gettavano solo un’occhiata distratta, per controllarne i vestiti. Ma un giorno, finalmente, l’omino parlò. E sapete che cosa disse? Disse solo queste parole: – Se la vostra città è grigia, è colpa delle bugie. Ricordatevi che la verità è luminosa. Poi salutò tutti con un cenno della mano, prese la sua valigia e se ne andò. Era domenica e la piazza era affollata. Furono perciò in molti a sentirlo. I bambini rimasero per un po’ in silenzio, per la sorpresa, poi Simona disse: – E se avesse ragione? Gli adulti invece risero divertiti mentre il sindaco osservò che, se non era riuscito il consiglio comunale a risolvere un problema che affliggeva Tutta grigia da anni, non poteva certo farlo un signore un po’ strambo. Più passavano i giorni, però, più i bambini si convincevano che forse l’omino aveva ragione. Così, un pomeriggio, si radunarono tutti sul prato grigio ai margini della città e strinsero un patto: – Da domani, niente bugie! Andrea pronunciò quelle parole con molta solennità, poi tutti si strinsero la mano: il patto era concluso. Ben presto però si accorsero che non era facile, né comodo, non dire più bugie. Il primo a farne le spese fu Nicola. Facendo una capriola sul tappeto del salotto (quante volte la mamma gli aveva detto di non farlo!), urtò un bel vaso di porcellana: la mamma accorse, udendo il rumore dei pezzi che cadevano a terra. Nicola fece appena in tempo a sistemarsi sul divano, con l’aria innocente e il libro di scuola tra le mani. Per fortuna in salotto c’era anche Coca Cola, il gatto di casa (una vera peste!), bastava dare la colpa a lui… Ma quando la mamma chiese: – Nicola, chi è stato? – il bambino si ricordò del patto e rispose: – Sono stato io…- e si ritrovò in camera sua, senza poter vedere i cartoni animati. Il giorno dopo, a scuola, fu la volta di Francesca, che si era fatta fare il tema da suo fratello. La maestra stava per metterle un “ottimo”, quando le venne un dubbio: – Francesca, ma è proprio tutta farina del tuo sacco? Francesca diventò rossa, sentì le lacrime bruciarle gli occhi, pensò al patto e disse: – No, me l’ha fatto mio fratello. E la maestra la rimandò al suo posto, dicendole di riportare il tema, svolto da lei, il giorno dopo. Decisamente non dire bugie costava molto! La sincerità dei bambini, dapprima, lasciò gli adulti increduli e stupefatti poi, a poco a poco, li contagiò. E così tutti fecero il proposito, nel loro cuore, di non dire più bugie. Con grande fatica, perché quelle degli adulti sono un po’ più grosse di quelle dei bambini, le bugie incominciarono a sparire dalle case, dai luoghi di lavoro, da tutta la città. Passarono così molti mesi, poi un giorno, uscendo da scuola, i bambini videro di nuovo l’omino sulla piazza. Corsero verso di lui, gridando tutti insieme: – Noi non abbiamo più detto bugie! – E nemmeno i grandi – aggiunse Andrea. – Almeno, speriamo… – intervenne Francesca, sottovoce. L’omino sorrise e rispose ai bambini: – Lo so, lo so-. Poi si avvicinò a Ornella, le fece una carezza e disse: – Adesso puoi aprire la valigia. Ornella la aprì, con grande emozione. Non c’erano conigli, né fazzoletti di seta, né colombe bianche. Dalla valigia dell’omino uscirono migliaia e migliaia di fiocchi di neve che, in un momento, ricoprirono tutta la città di un candido mantello. I bambini non seppero più contenere la loro gioia: in ogni angolo della città sorgeva un pupazzo di neve e le slitte andavano su e giù lungo la via principale. Anche gli adulti si lasciarono trasportare da tutta quell’allegria. Il sindaco però era scettico e diceva: – Quando la neve si scioglierà, sarà tutto come prima. Allora Ornella si avvicinò a una panchina e, con il batticuore, spazzò via la neve adagio adagio: la panchina era di un bellissimo rosso brillante. Allora era proprio vero: la città non era più grigia! – Però basta bugie – disse l’omino e, salutando con la mano, se ne andò.