Il patto civile e spirituale della città
«Questa giornata riconferma il patto spirituale e civile della città di Trento attorno alla testimonianza e alla profezia di Chiara per un'unità nella famiglia, nella comunità, in Europa», è il commento convinto di Franco De Battaglia, giornalista noto del Trentino Alto-Adige. «Ciò vuol dire un recupero della spiritualità per uscire dalle macerie, per scoprire il Cristo abbandonato, per uscire dalle divisioni della Chiesa, per ricuperare la misericordia».
Tra i molti cittadini di Trento raccoltisi lo scorso 23 gennaio all’auditorium del Centro Mariapoli “Chiara Lubich”, c’era Lorenzo Dellai, già sindaco della città, poi presidente della Provincia Autonoma di Trento, oggi deputato al parlamento italiano. E’ lui stesso, in un angoletto dell’animatissima hall che permette fare una confidenza, ad evocare il suo legame e l’ispirazione che ne ha tratto dalla fondatrice dei Focolari. «Nell’85 ho avuto l’onore di consegnare a Chiara il Sigillo di Trento, l’Aquila ardente di San Venceslao. Indimenticabile la sua famosa frase a proposito della necessità di “incendiare la città” di amore, dedizione, cura. Incendiarla di voglia di conciliare». E' una memoria che subito offre spunti per il presente: «Sono convinto che le città, come le persone, hanno una vocazione. Chiara poteva nascere in qualsiasi posto del mondo, ma è nata a Trento, città che ha cercato, non sempre riuscendovi, di conciliare le antinomie. Chiara ha dato un impulso molto forte a questa storia e a questa identità. La giornata di oggi dà continuità alla storia della nostra città nella vocazione a conciliare. “Ut unum sint” è la parola chiave di Chiara, sempre più attuale».
In due intense ore si ripercorre una storia, che, a vedere e a sentire, appartiene in primis a Trento e ai trentini. Storia però che, nel tempo e velocemente, ha oltrepassato ogni confine culturale, geografico, religioso. Molti fatti e tante storie ribadiscono quello che s’impone come titolo della giornata: “da Trento al mondo. Dal mondo a Trento”. Gli accenti internazionali nel racconto di Margaret Karram (palestinese di Israele) e Marc St–Hilaire (canadese), membri del consiglio generale del Movimento dei Focolari, lo amplificano. Portano il saluto della presidente Maria Voce, in viaggio in India, e il suo grazie quanti in questi decenni hanno lavorato a realizzarne gli obiettivi del Centro Mariapoli. Lo definisce «palestra di dialogo» e «casa sulla roccia», e incoraggia ad impegnarsi «con rinnovato ardore», in una testimonianza «urgente oggi per favorire i rapporti e la mutua interazione tra singoli e tra popoli, per tener vivo il dialogo tra le Chiese e tra le grandi religioni e ridare spazio alla fraternità nelle sfide culturali e nelle complesse emergenze sociali».
Si passano il microfono rappresentanti locali delle chiese cattolica, ortodossa, luterana. Donne e uomini trentini raccontano il lungo impegno civile al servizio della città e delle sue sfide, dall’ambito ecclesiale al mondo della scuola, dalla politica allo sport, dal sociale alla cultura, dall'accoglienza ai rifugiati all'arte. Storie che fanno vibrare i presenti, cittadini e autorità, dimostrazione di percorsi condivisi, lungo le diverse stagioni della città, in cui gli uni e gli altri hanno messo in campo la responsabilità e la creatività che la sussidiarietà esige.
Carlo Daldoss, assessore provinciale all'urbanistica, enti locali, edilizia abitativa e della coesione territoriale, si tradisce affermando che il Trentino deve «dire grazie ai 30 anni di questo Centro perché è una luce per il mondo, ma anche una luce per il Trentino, che dà senso alla nostra comunità». Lo sottolinea anche Alberto Pacher, già sindaco del capoluogo trentino, e vuole anche lasciarlo scritto: «Trent'anni di impegno e testimonianza a favore e 'dentro' la nostra comunità. La presenza e la forza della speranza abitano in queste mura e da qui si espandono nel e per il mondo».
Lo sostiene con vigore il suo successore nel governo della città, Alessandro Andreatta: «Ascoltandovi oggi nel ripercorrere la storia, ho sentito tanto 'presente' e anche tanto 'futuro'. Questo Centro è una scorta, una riserva di speranza». E sprona i presenti affinché il Centro diventi sempre di più ciò che già oggi è: un Centro di dialogo («Chiara ha battuto tutte le bandiere, fisiche, geografiche, culturali, sociali e forse anche economiche, con l'Economia di Comunione»), un Centro di misericordia («non perché lo dice il Papa… Cosa infatti ha fatto Chiara durante la 2° guerra mondiale se non credere a Trento città della misericordia?»), centro di costruzione della pace («un contributo all'internazionalità, alla mondialità, alla costruzione della pace»).
E’ bello, lasciando quel doss, sentir dire a una signora in trentino: «C’ero quando Chiara è venuta in città l’ultima volta nel 2001 e il progetto di fare una Trento ardente mi sembrava utopia irrealizzabile… Oggi, sentendo queste persone che faticano tutti i giorni ma si impegnano nei vari ambiti, ho avuto una bella sensazione… Mi porto via che anch’io posso tutti i giorni fare dei gesti di accoglienza, anche nei confronti delle persone con cui faccio più fatica. Anch’io posso aprirmi a questo ideale di fraternità».