Il pastore d’Islanda
Il Mývatn o “lago delle mosche” è il quarto specchio d’acqua naturale dell’Islanda. Si trova a 500 chilometri dalla capitale Reykjavík, nella regione nord-orientale di questo stupendo Paese dei ghiacci e del fuoco: un’area vulcanica che ha conosciuto dal 1975 al 1984 ben nove eruzioni, all’origine – sulle sponde del lago – di fantastiche formazioni laviche e di pseudo-crateri creati dalle colate incandescenti nel contatto con l’acqua gelida.
Paradiso dei vulcanologi e degli amanti della natura selvaggia, l’altopiano circostante il Mývatn è ottimo luogo di pascolo per cavalli e ovini condotti dai nativi del posto. Nel 1931 una rivista islandese pubblicò le peripezie vissute da uno di loro per recuperare un gruppo di cavalli e pecore che si erano smarriti nelle aree desertiche attorno al lago. Dato anche lui per disperso dai compagni, “Bensi dei Monti” (così era soprannominato) riapparve il giorno dopo Natale proprio quando si stavano per organizzare le sue ricerche: reduce da molte traversie, era riuscito a portare in salvo alcuni ovini.
Questa notizia di cronaca ispirò ad uno dei grandi nomi della letteratura islandese, Gunnar Gunnarsson (1889-1975), quello che – insieme a Beati i semplici e a La chiesa sulla montagna – viene ritenuto uno dei suoi capolavori: Il pastore d’Islanda, un classico che viene letto e riletto specie in occasione del periodo natalizio, e ora edito da Iperborea.
Figlio di poveri contadini ed esperto delle durezze e dei sacrifici del suo mondo rurale, Gunnarsonn ha saputo dare un’impronta epica e al tempo stesso profondamente spirituale ad una vicenda tutto sommato semplice e lineare, priva di colpi di scena: quella del maturo pastore Benedikt che tra momenti di sconforto e di speranza, con la sua tenacia, contrasta la natura ostile, avendo per soli compagni un cane esuberante e un montone riservato e coraggioso, animali tra loro inseparabili pur essendo così diversi. Con il suo padrone essi formano una “trinità” il cui perfetto accordo permetterà alle pecore smarrite di essere riportate all’ovile. Prima però i tre devono affrontare il terribile inverno islandese nella tana scavata da Benedikt, simile ad una tomba ma anche tiepido rifugio e luogo di rinascita. Le fatiche e la natura inclemente finiranno per piegare il solitario pastore, ma la sintonia stabilitasi tra lui e un giovane col suo stesso nome permetterà il passaggio alla nuova generazione del frutto delle esperienze maturate.
Tutto si svolge durante il periodo di Avvento – e Advent è appunto il titolo originale di questo breve racconto, un gioiello di prosa nitida ed essenziale. Avvento che simboleggia l’uomo in lotta contro le forze avverse per riconquistare un senso alla propria esistenza.