Il Parma è fallito
Dal pomeriggio del 22 Giugno, il Parma Fc è ufficialmente una società fallita, essendosi chiusi alle 14 i termini per le offerte di acquisto. Già in serata, le uniche due cordate ammesse alla trattativa si erano ritirate, inducendo il giudice delegato, Pietro Rogato, ad incontrare alle 15 i curatori fallimentari ed il comitato dei creditori per la messa in liquidazione della società.
Il Parma saluta così il calcio professionistico: il regolamento federale prevede che il titolo sportivo torni nelle mani degli organismi federali per essere consegnato, sentito il parere del sindaco della città, ad oggi Federico Pizzarotti, ad una nuova società che dimostri di potere sostenere la partecipazione al campionato di serie D. Vane dunque le trattative dei mesi scorsi di alcuni imprenditori locali, il cui interesse era stato sospeso in attesa di conoscere gli esiti delle trattative con i gruppi imprenditoriali di Giuseppe Corrado e Mike Piazza. La società gialloblù, già retrocessa matematicamente in B sul campo lo scorso 29 aprile, dopo il 4-0 incassato in casa della Lazio, aveva provato lo stesso amaro sapore della retrocessione nel 2008, per poi risalire l'anno seguente. Ma la sensazione odierna è che tramonti un quarto di secolo ricco di gloria e di trofei, benché le basi di questo successo siano state sporcate pesantemente dallo scandalo Parmalat, principale sponsor dello stesso patron gialloblù Callisto Tanzi anche alla fine dei gloriosi anni Novanta.
A partire dal 1986, quando la sponsorizzazione Parmalat aveva aperto possibilità notevoli d’investimento, erano transitati dallo stadio “Tardini” cultori del calcio moderno come i tecnici Arrigo Sacchi e Zdenek Zeman, un pragmatico apprezzato come il sergente di ferro Nevio Scala e alcuni campioni indimenticati che hanno scritto importanti pagine con le rispettive nazionali. Dopo la promozione in A nel 1990, dopo due stagioni era arrivata la Coppa Italia a spese della Juve del Trap, firmata dalle presenze di giocatori quali Benarrivo, Zoratto, Apolloni, il colombiano Asprilla, tra i pochi “immigrati” del pallone di allora, e dal 'Condor' Agostini. Alla terza stagione, la Coppa delle Coppe (3-1 all'Anversa in finale), quindi ecco scendere in campo con la maglia parmigiana Dino Baggio, Gianfranco Zola e Nestor Sensini per la Supercoppa europea a spese del grande Milan di Capello.
Dopo la stagione 1994-95, valevole il terzo posto e la Coppa Uefa, terzo sigillo europeo, Tanzi affidava la presidenza al figlio, la panchina ad un giovane allenatore di grandissime prospettive, Carletto Ancelotti, e dava inizio ad una serie di investimenti faraonici che crearono le premesse per il disastro. Dopo l’esplosione del futuro capitano della nostra nazionale campione del mondo (nel 2006), Fabio Cannavaro, arrivarono Lilian Thuram, altro campione del mondo con la Francia, un artista della cabina di regia quale Sebastian Veron, la magnifica coppia d’attacco composta da Enrico Chiesa ed Hernan Crespo, dal vivaio un certo Gianluigi Buffon: così se nel 1997 lo scudetto sfumò a soli due punti dalla Juve, nel 1999, con Alberto Malesani in panchina, arrivò la Coppa Uefa (3-0 al Marsiglia in finale), la Coppa Italia e la Supercoppa Italiana sul Milan.
Proprio in coincidenza con l’ultimo trofeo, la Coppa Italia nel 2002, la società inizia ad affondare nel disastro Parmalat. Dopo stagioni anonime, nel 2006 arriva Tommaso Ghirardi alla presidenza, nel 2008 la retrocessione. Nonostante negli ultimi anni siano arrivati giocatori di spessore quali Giovinco, Amauri, Candreva, Pellé, Biabiany, ed un allenatore encomiabile per stile e tecnica quale Roberto Donadoni, la società è sempre apparsa sempre in costante finanziaria. Un’agonia sportiva giunta dopo le ultime ridicole, arcinote vicende di tentata truffa e menzogne dell’ultima annata, che porta al fallimento per un debito stimato in 22,6 milioni di euro. «Non siamo stati presi in giro solo da Giampietro Manenti, ma anche da chi l'ha preceduto, da tutto quel pregresso. Hanno fatto il male nostro e di tutto il Parma, e chiaramente c'è tanta tristezza» era stato il malinconico commento di Donadoni, lo scorso marzo, in seguito all’inchiesta che accostava a Manenti persino gli sporchi raggiri di uomini della ‘ndrangheta.
La vicenda del Parma porta ancora a riflettere sull’uso a fini fiscali (talvolta irregolari) delle società sportive: sono molti i gruppi aziendali che hanno provato a frodare lo Stato attraverso fatturazioni false legate agli investimenti in sponsorizzazioni, poi liquefatti alla scoperta della truffa. Una vicenda, quella parmigiana, fatta di speculazione e arrivismo, a danno della passione di tifosi e città, ma anche della credibilità del sistema, già minata da scandali di doping e scommesse clandestine, da Calciopoli e da toni o gesti esasperati. Porta ancora a riflettere su quanto sia inaccettabile ledere alle basi una ragione di educazione e spettacolo di intrattenimento collettivo quale il calcio, che chiede a tutti maggiore responsabilità.