Il Parlamento possibile
Sulle cure palliative è accaduto qualcosa di esemplare di come si fa una legge. Innanzitutto, l’iniziativa: nel nostro caso, otto proposte sottoscritte da quasi duecento firmatari, espressione della necessità di intervenire su un problema vero e sentito. Poi, una seria attività di studio e ricerca, che ha trovato nella Commissione affari sociali della Camera il luogo naturale, sfociata nella stesura di un unico testo-base. A questo punto, il via all’esame e al confronto tra parlamentari su ogni singola norma, concluso con l’approvazione di un testo condiviso da tutta la commissione. Infine, il voto in assemblea, unanime; era il 16 settembre, alla Camera dei deputati: 416 presenti e votanti, 416 voti favorevoli. Un risultato parlamentare che speriamo replicato in Senato, a riprova che la buona prassi legislativa non è (solo) procedura; al contrario, dà sostanza alla democrazia rappresentativa.
Dalle dichiarazioni di voto di tutti i gruppi è trapelata una soddisfazione tutta particolare, molto diversa da quella che forse si prova quando, nel muro contro muro, i più numerosi “affossano” l’avversario e vincono. Il voto unanime che va a suggellare un lavoro serio appaga anche nel più intimo, perché porta con sé una vicinanza tra il risultato raggiunto e il bene comune, restituendo pienamente il senso della missione parlamentare.
Anche noi cittadini ci fidiamo di più di una legge votata da tutti: la sentiamo subito “giusta”. Tanto più che l’accordo tra maggioranza ed opposizione ha operato anche il miracolo – non piccolo di questi tempi – del reperimento di un po’ di risorse finanziarie.
Certo, il tema aiutava, con il suo grande portato umano; ma quale legge non impatta umanamente? Eppure siamo alquanto rassegnati a vedere i parlamentari trattare con sbrigativo e iroso sussiego argomenti che richiederebbero altrettanta sensibilità, studio, apertura, voglia di risolvere i problemi. Ma non è sempre così, lo abbiamo visto. Nelle commissioni, senza telecamere, a piccoli gruppi, dove anche il rapporto umano può svolgere la propria parte, i parlamentari spesso dialogano e lavorano proficuamente. Ora dietro l’angolo c’è il voto sul cosiddetto testamento biologico, all’esame della stessa Commissione affari sociali. Puntare al massimo di condivisione, o almeno, al minimo di contrapposizione, diventa doveroso. Sarebbe fondamentale che dal Parlamento, in questo momento di ripetuti contrasti, giungesse di nuovo al Paese un contributo all’unità possibile. Non serve certo quello alla frattura inevitabile ed insanabile.