Il Parlamento boccia le quote rosa

I parlamentari hanno detto no al meccanismo che alle prossime elezioni avrebbe potuto garantire un'adeguata presenza femminile alla Camera e al Senato. Un'occasione persa per la nostra democrazia? Un commento
Votazione per le quote rosa

Greta Klotz, giovane ricercatrice dell’Eurac di Bolzano, in un illuminante articolo “Gattopardi alle urne” che attraversa i (non) cambiamenti del Parlamento italiano dal dopoguerra in poi, annota che, a fronte di un immutato numero di partiti (da 14 a 14), di una uguale età media (51 anni), di una stessa rappresentanza professionale (avvocati, docenti e dirigenti), l’unico dato che migliora attraverso i decenni è la crescente  presenza delle donne, da un misero 5 per cento per cento a un 30 per cento, ancora insufficiente, ma progressivo.

Il messaggio è chiaro: piano piano le donne, attraverso le conquiste che faticosamente raggiungono nella società, riescono a sfondare anche il cosiddetto “tetto di cristallo” delle istituzioni.

Questa è l’unica consolazione dopo l’ennesimo sconcerto che ci procura il nostro personale politico: sono stati bocciati tutti e tre gli emendamenti sulle quote rosa, meccanismo di supporto per ottenere un’adeguata rappresentanza femminile, durante le votazioni per approvare la nuova legge elettorale.

Se non si porrà in qualche modo rimedio, anche il prossimo Parlamento, punto di forza della sovranità popolare, partirà gravemente handicappato, profondamente diverso dalla società che deve rappresentare. 

«Rispetto il voto dell’Aula. … Ciò nonostante non posso negare la mia profonda amarezza, perché una grande opportunità è stata persa, a detrimento di tutto il Paese e della democrazia», ha commentato la presidente dell’Assemblea, Boldrini. Fra tutti forse è questo il commento più giusto!

Questa è stata un’occasione persa per la qualità della nostra democrazia. «La responsabilità della politica sta ora nel trovare una soluzione ad una questione di civiltà e di qualità della democrazia che troverebbe il favore non solo delle donne, ma di tutti i cittadini che hanno fiducia nelle nostre istituzioni e nella possibilità di renderle migliori». Così recita l’appello bipartisan firmato da donne di tutti i partiti e da donne note e non note e che ancora sta raccogliendo adesioni.

Nella questione della giustizia di genere è vero, come sostiene l’on. Meloni, che sono più urgenti alcuni provvedimenti in materia di lavoro, di fisco e di infrastrutture – non sarebbero poi così tanti –; ma chi li porrà mai come priorità se chi li soffre rimarrà sempre in minoranza?   

Lo scrutinio segreto era stato richiesto da 39 parlamentari di Forza Italia, Fratelli d’Italia, Nuovo Centro Destra e Unione di Centro, ma è risultato comodo per una grande parte di uomini di tutti gli schieramenti (e per qualche donna, che peraltro aveva avuto il coraggio di dichiararlo prima): si è resa così evidente un’altra volta la paura del confronto con la realtà femminile che sempre più si fa strada dovunque.

Perché preoccuparsi così?

Non vogliamo scavalcarvi, vogliamo solo, assieme a voi, in collaborazione reciproca, fare politica, cioè mettere le condizioni affinché la società possa esprimere tutte le sue immense possibilità. Femminili e maschili.

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