Il Paraguay dice basta al nepotismo politico

Dopo un processo iniziato da due giovani giornaliste e alimentato dall’indignazione popolare, è stata resa nota la lista dei funzionari pubblici, con qualifiche e relativi stipendi. La classe politica difende i suoi privilegi, ma i cittadini prendono coscienza dei propri diritti e pretendono trasparenza
Manifestazioni di protesta contro il presidente Horacio Cartes

Il Parlamento paraguaiano non ha mai goduto, a memoria d'uomo, di una grande popolarità. O meglio: da quando la dittatura pluridecennale del generale Alfredo Stroessner ha instaurato una casta politica attraverso il più classico dei prebendarismi, la statura morale dei legislatori – almeno nella considerazione del popolo, che suole generalizzare e li giudica complessivamente – non ha mai brillato.

Molti sono praticamente parlamentari a vita (anche se non esiste questa figura in Paraguay), perché gli organi di partito sono fatti in modo da permettere ai leader, spesso persone di enorme influenza economica e di grande potere, di “avvitarsi ai banchi” del Parlamento, come si dice qui popolarmente. Ad ogni modo si tratta, nella quasi totalità dei casi, di persone lontane dal sentire dei votanti, che effettuano campagne elettorali demagogiche, con regali agli elettori degli strati più depressi.

Salvo onorate eccezioni, è una vera e propria casta, che si auto-protegge e retro-alimenta a beneficio dei propri interessi, di quelli dei propri familiari e – secondariamente – di quelli dei loro partiti, in una vergognosa accumulazione delle ricchezze pubbliche letteralmente saccheggiate all'erario. Tutti lo sanno, la gente sa che chi arriva al potere, mal interpretando la solidarietà verso il clan ereditata culturalmente dai nativi guaranì – che in realtà gestivano i loro beni in modo comunitario, con una speciale cura per i più deboli, e non approfittandosi di loro, come fanno scandalosamente tanti alti e meno alti funzionari dello Stato –, si arricchiscono e arricchiscono parenti, amanti, ex consorti, amici, amici per interesse…

Ma il popolo paraguaiano è per più della metà povero o indigente: ovvero, non ha tempo materiale né forze per protestare. Deve lavorare a schiena bassa "da sole a sole". La classe media, con un'educazione medio-alta, pare anestetizzata. Non si può vincere il sistema costituito, dice, e si limita all'invettiva o alle battute, nelle conversazioni da bar o su Facebook.

Ma qualche settimane fa il colpo di scena. Mettendo alla prova il nuovo presidente della Repubblica, l'impresario Horacio Cartes, che aveva promesso trasparenza e onestà, due giornaliste dell’importante quotidiano Última Hora, le giovani Liz Paredes e Diana González, hanno pensato di chiedere formalmente alle due Camere le liste dei loro funzionari, complete delle rispettive qualifiche e stipendi.

La prima risposta del presidente del Senato, nonché dell'Assemblea Generale (le due Camere unite), Jorge Oviedo Matto, è stata un netto rifiuto. Ma la motivazione del diniego è stata molto peculiare: «Si tratta di dati confidenziali. Dobbiamo proteggere la privacy del personale. Qui primeggia il diritto dell'individuo sul diritto della comunità». Non l'avesse mai detto. Si è naturalmente sollevato un vespaio. «La Costituzione dice il contrario. L'avrà letta Oviedo Matto?», è stato il commento più benevolo. Vista l'indignazione popolare e l'insistenza delle giornaliste, il presidente si è visto obbligato a sollevare la questione al Direttorio del Senato, organo amministrativo della Camera alta, e così si è potuto proteggere dietro il “no” di questo organismo, che opera in chiara difesa del sistema.

Juan Bartolomé Ramírez, il presidente della Camera, dal canto suo ha dichiarato spavaldamente che si arrogava la potestà di rivelare i dati richiesti quando l'avesse ritenuto opportuno. Questa dilazione non ha fatto altro che provocare un'escalation di indignazione popolare sui social network e nelle piazze, cosa che ha dato nuovo entusiasmo alla stampa, ormai non solo alle balde giovani di Última Hora.

Finalmente, Oviedo Matto, sotto pressione, ha delegato alla segreteria della Funzione pubblica la divulgazione dei dati richiesti, che sono stati pubblicati sul sito web del Senato e su quello della Camera. Le schede del personale sono state pubblicate subito sulle prime pagine di tutti i quotidiani. Sono le famose planillas – e planillero è il termine usato per definire chi va a lavorare solo il giorno in cui prende lo stipendio – del personale della pubblica amministrazione.

Secondo i segugi Liz Paredes e Diana González, il presidente del Senato ha reso noti i dati per dimostrare che lui ha speso molto meno, in viatici, viaggi e spese varie, rispetto alle gestioni dei suoi predecessori González Daher e Miguel Carrizosa.

Ma la pentola si è scoperchiata ed ha rivelato il più sospettato dei “segreti”. Ogni deputato o senatore ha contrattato come segretario, consulente, portaborse e affini almeno sei o sette parenti (figli, consorti, ex consorti, nipoti, amanti, cognati…), con stipendi astronomici per il Paese (almeno cinque volte lo stipendio di un operaio), il tutto a carico dei contribuenti.

Poco dopo, per effetto domino, gli enti dell'elettricità, dell'acqua, ministeri e altre dipendenze pubbliche hanno pubblicato le loro liste del personale, anche se spesso senza benefìci e senza che figurasse che in molti casi c'è chi percepisce ben quattro tredicesime, tra altre grossolane irregolarità. Il tutto ovviamente senza che l'assunzione avvenga per concorso.

Per esempio, l'onorevole deputata María Nimia Carísimo (del partito al governo) ha dichiarato alla radio che ha la coscienza tranquilla per aver fatto assumere come funzionari del Parlamento i suoi due figli e che le accuse di nepotismo fanno parte di una «campagna per gettare fango sul potere legislativo». La deputata si è giustificata dicendo: «Un giovane oggi (la disoccupazione è ai minimi storici, attorno al 7 per cento, ndr) può andare in giro con la sua laurea sotto il braccio e percorrere tutto il Paese senza trovare lavoro». «Io ho chiesto di dare lavoro a mia figlia, che ha un titolo che la avalla, e a lei ho raccomandato i miei altri figli», ha ammesso candidamente. Alle domande incalzanti della stampa, tra le quali: «Non le sembra che si tratti di nepotismo puro?», la deputata ha dichiarato: «Nessuno rispetta la legge».

Dal canto suo, la deputata Blanca Fonseca, all'opposizione, si è espressa come segue a radio Ñanduti sulle proteste dei cittadini sui social network: «Molte volte la gente sbaglia quando si lascia guidare dai social network. Sui social network ci sono persone che non hanno una responsabilità specifica, che stanno tutto il giorno attente alla vita degli altri. Non si tratta di persone che lavorano davvero… E non vanno a votare». E, dulcis in fundo: «Io non considero cittadini le persone che stanno tutto il tempo sui social network».

Ma il caso più altisonante è stato quello del noto senatore Víctor Bogado, la cui baby sitter dei figli percepiva due stipendi – dal Senato e dall'ente gestore dell'idroelettrica Itaipu – per oltre mille euro (a occhio, sei volte di più di una comune baby sitter). «Io voglio che la mia impiegata guadagni mille euro», ha avuto l'audacia di dire Bogado. A furor di popolo, Bogado è stato invitato dal suo partito a dimettersi, oppure a sottomettersi a un processo di impeachment per togliergli l'immunità parlamentare ed essere così processato.

L'avvocato argentino Ezequiel Santagada, che opera in Paraguay da un ventennio, in un'intervista rilasciata ad Última Hora ha commentato: «Ciò che è accaduto è parte di una piccola rivoluzione dei cittadini. Non ne ho il minimo dubbio. La cittadinanza ora sa che è padrona dell'informazione pubblica, che i governanti non sono i capi di un'azienda che può non rivelare i dati degli stipendi o altro, ma che il rapporto è inverso: il padrone è il cittadino. Questo processo è partito dalla stampa, perché questo è il vero ruolo della stampa in una società democratica, ma non sarebbe successo se la gente non si fosse interessata e mobilizzata».

Speriamo sia solo l'inizio.

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