Il paradiso dei Borgia
Appena si entra nella Torre costruita da Nicola V e poi abitata da Alessandro VI, è il ritratto di quest’ultimo che ci sorprende. Maestoso in un piviale immenso e gemmato, si è fatto ritrarre in adorazione davanti al Risorto.Un profilo forte, un volto pieno, un sorriso a fior di labbra: il papa sempre ilare, come raccontano i contemporanei, è sereno, fiducioso nel Cristo. Nella sala ampia, dove egli su di un trono basso riceveva persone e firmava documenti, si celebra il trionfo della fede. In sette lunette le Sette gioie della Vergine si distendono con una sorprendente ricchezza cromatica, un profluvio di pastiglie d’oro, di stucchi rilevati, di stemmi giganteschi attraverso le pareti. Stupiscono le cornici gotiche violacee che ancora cingono le singole scene. L’aria dell’arte valenzana col suo amore per il fasto e per l’horror vacui così cara al papa spagnolo si respira a pieni polmoni. Maria è il prototipo del credente che ha la certezza della fede e quindi è nella piena gioia. In una sola scena ella manca, quella della Resurrezione dove è sostituita dal pontefice. L’ideazione del ciclo, guidata dal domenicano Annio da Viterbo, ha un messaggio chiaro: se Maria è la prima cristiana, il papa è il custode della fede, il punto focale a cui deve guardare l’Europa cristiana. Evidente è il collegamento di questi affreschi a quelli della Sistina, di pochi anni precedenti, in cui le storie di Cristo e di Mosè giustificavano l’atto della potestà papale espresso nella Consegna delle chiavi del Perugino, secondo il volere di Sisto IV della Rovere. In ideale continuità si situa il ciclo dell’Appartamento Borgia, in quel palazzo vaticano che dai tempi di Nicola V è motore del progetto di Roma come centro della renovatio christiana dell’arte e della cultura, ovvero dell’assorbimento della civiltà rinascimentale dentro il solco del messaggio cristiano, e papale. Papa Borgia, come farà il successore Giulio II nelle sue Stanze al piano immediatamente superiore, si pone sulla medesima scia, con alcune novità originali. In primo luogo l’esaltazione di Maria, cui il papa era molto devoto, che nel ciclo Sistino occupava la parete di fondo (oggi sostituita dal Giudizio di Michelangelo) ma che qui occupa ben sei lunette con la raffigurazione delle sue gioie: non dei dolori, il che corrisponde sia al tono gioioso, gaio, degli affreschi sia al carattere del pontefice. In secondo luogo la sua sostituzione con il ritratto di Alessandro nella scena della Resurrezione, dal doppio significato: il papa come vicarius Christi, quindi difensore della fede vera e l’affermazione della propria legittimità di pontefice da parte del Borgia, una legittimità che gli verrà contestata negli anni a seguire, da alcuni cardinali (compreso il futuro Giulio II) e dal Savonarola. Alessandro dunque si presenta come l’autentico vicario di Cristo, nella serenità trionfante del suo governo a cui devono inchinarsi anche i potenti d’Europa. Il messaggio politico è ben chiaro. In questo clima di professione di fede nel Risorto che, attraverso il suo vicario, continua a guidare la Chiesa – fede e potere, quindi -, la decorazione affidata al Pintoricchio appare perfettamente esplicitante i disegni papali. Più imprenditore che autore, il nostro pittore, noto ritrattista e vivace decoratore, chiama una squadra di collaboratori per affrescare in fretta l’Appartamento, raschiando i lavori precedenti, secondo una mentalità che non teneva conto, come noi, dei documenti del passato. Tra il 1492 e il 1495 Pintoricchio e i suoi completano la decorazione degli ambienti – tre stanze grandi, due piccole e altri vani – lavorando a tempera, anziché a buon fresco. Il che ha causato quei notevoli danni che hanno richiesto, per la sola prima stanza – detta dei Misteri, nell’Ottocento – ben quattro anni di lavoro, recuperando tra l’altro le decorazioni delle pareti a finti armadi con gli indumenti liturgici, fra cui la magnifica tiara papale. Evidentemente, Alessandro voleva sbalordire chi entrava presentando un ambiente di straordinaria ricchezza e splendore, da vero principe rinascimentale. L’unità del ciclo, dal punto di vista pittorico, non è così evidente come nella Sistina, dove la diversità degli stili veniva abilmente unificata dalla concertazione del Perugino. Pintoricchio lascia spazio ai collaboratori, maestri già formati di cui conosciamo nomi e opere ma anche ad allievi ancora da dirozzare, come appare negli scarti stilistici ad esempio di figure d’angeli; oppure a soluzioni figurative discordanti – gli affreschi della Natività e dei Magi – e a ghiribizzi spiritosi, come l’autoritratto del giovane pittore sulla corazza lucida del soldato nella Resurrezione… Ciò che comunque dà unità all’insieme è il recuperato trionfo cromatico, l’amore per l’eccesso decorativo nell’abbondanza di stucchi, ori, la vivacità delle tinte esaltata dal lapislazzulo e dalle lacche: un paradiso lussureggiante, una gaiezza festosa che rende tutto vivace, brillante, glorificatorio. I Borgia e i loro amici occhieggiano, apparentemente distanti, dai ritratti reali e da quelli simbolici in un tripudio di stemmi aragonesi – fiamme e corone – borgiani – il toro, che combinano araldica, mitologia classica e bibbia nei tondi con i re e profeti della volta. Un eclettismo contenutistico, pur nella chiarezza dell’esaltazione della fede cristiana. Pintoricchio affronta con il suo stile umbro-toscano la decorazione, riservando a sé stesso la scena più impegnativa, quella della Resurrezione. Più che la figura del Cristo, manierata e contornata da un eccesso decorativo, a lui interessa il ritratto di Alessandro: realistico, pungente col naso ricurvo, le labbra grosse a sorridere tra serenità e autocompiacimento, la figura maestosa: un ritratto del potere, tranquillo ma che sa esser terribile, e della certezza della fede. Il restauro ha ridato vita alla festa del colore, alla leggerezza dei paesaggi e delle architetture classicheggianti, alla luce cristallina che tutto percorre. Rimane un senso di sazietà dopo tanto tripudio. Forse che il messaggio politico è troppo esplicito, al di là della gaiezza di questo paradiso?