Il papero di Selim
E' iniziato l'Avvento. Una fiaba al giorno, per grandi e piccoli, ci accompagnerà sul sito di Città Nuova. Perché anche tornare bambini è prepararsi al Natale.
Erano i giorni delle feste natalizie, e il famoso mercato di Piazza Vittorio, a Roma, si presentava più vivace e affollato del solito. Un vero fiume di gente di nazioni diverse (agli italiani si mescolavano nordafricani, asiatici, slavi…) scorreva tra i chioschi e le bancarelle per fare acquisti o semplicemente per la curiosità di vedere uno spettacolo così pittoresco.
Nel quartiere Esquilino, in cui si trova questa piazza colorata e satura di odori, sono molti i poveri che si arrangiano vivendo di elemosine o degli scarti di frutta e ortaggi, dopo la chiusura del mercato.
Tra questi Selim, un giovane venuto dall’Algeria pieno di speranze di fare fortuna: purtroppo, appena arrivato alla stazione Termini, era stato derubato di tutto ciò che aveva, compresi i documenti, per cui s’era ridotto a vivere come un “barbone”.
Selim, da bravo musulmano, non era interessato al Natale in sé, ma sperava di approfittare anche lui dell’abbondanza di quel periodo speciale dell’anno. Infatti, dopo l’orario di chiusura, girovagava nel mercato ormai deserto e, mentre gli addetti alle pulizie facevano il loro lavoro, riusciva a mettere insieme un pranzo più facilmente del solito.
Un giorno però, mentre frugava in un mucchio di foglie di cavolfiore, ebbe l’impressione di udire un pigolio. Tese l’orecchio e… proprio così, non s’era ingannato! Scostò delicatamente gli ortaggi, e sotto le foglie trovò un cosino morbido e giallo, con un becco arancione e delle zampette palmate: era un papero di pochi giorni, certamente “evaso” dalla cesta di qualche venditore.
Selim lo prese tra le mani, trepidante: era morbido e tiepido, e poi sembrava così indifeso! Si guardò attorno. Nessuno lo aveva scorto. Nessuno che potesse reclamare il papero come suo. In fretta lo nascose sul petto, sotto la giacca a vento, facendo attenzione a non fargli male. E si allontanò.
Da quel giorno, due solitudini si unirono per darsi aiuto scambievole: Selim si affezionò enormemente al papero, e questo finì per considerare il suo nuovo padrone un po’ come la mamma appena intravista quand’era uscito dall’uovo. Erano ormai divenuti amici inseparabili.
Se il giovane a volte stentava a trovare qualcosa da mettere nello stomaco, Vittorio (così era stato chiamato il papero, dal luogo del loro incontro), con tutti i bocconcini che Selim gli portava dal mercato, non correva davvero il rischio di morire di fame!
E in effetti cresceva di giorno in giorno, gonfiando quella giacca che si trasformava, soprattutto durante la notte, in un caldo rifugio per il pennuto.
A proposito di notte… Una volta, mentre dormiva nel suo riparo di cartone sotto i portici della piazza, Selim fu svegliato da un “qua qua” di allarme. Cos’era successo? Un altro “barbone” stava frugando tra le poche cose che lui possedeva, approfittando del suo sonno. Scoperto però da Vittorio, fece finta di essere ubriaco (e magari lo era davvero!) e si allontanò barcollando.
«Bravo, Vittorio: sei meglio di un cane da guardia!» lo ringraziò Selim, stampandogli un bacio sulla testolina. E da allora lo trattò ancora con più attenzioni, senza curarsi se da qualcuno veniva preso in giro per questa insolita amicizia.
Un altro giorno Selim si accorse che il suo papero, mentre beccava beato un ciuffo di lattuga, veniva fìssato con insistenza da Casimiro, un barbone polacco.
«Che hai da guardare?» gli chiese bruscamente. «Niente… rispose l’altro con una strana espressione: è bello grasso ormai, non ti pare?». «E con ciò?».
Irritato, Selim prese Vittorio nella sua giacca e si allontanò. Ma dentro di sé era inquieto. Evidentemente, ora che era cresciuto, il papero poteva far gola a qualcuno e (non sia mai!) finire arrosto.
Meglio allontanarsi da quella piazza a lui familiare: avrebbe ricominciato in un altro posto la sua lotta per la sopravvivenza.
Si trasferì dunque alla stazione Termini. E lì, un mattino, fu notato da una signora in partenza per Milano, mentre dormiva su una panchina raggomitolato su se stesso per ripararsi dal freddo.
Ma ciò che più attrasse l’attenzione di lei fu veder fuoriuscire dalla giacca del giovane la testa di un papero dagli occhietti vispi.
Era Vittorio che, per amore del padrone, sopportava qualche sua stretta un po’ troppo brusca durante il sonno.
«Povero ragazzo bisognoso d’affetto!», osservò fra sé la donna. Quanto al papero, sembrava quasi fosse lui a proteggere l’altro, più che viceversa.
«Che strani pensieri mi vengono…» sorrise fra sé la passeggera. Ma per l’arrivo in quel momento del suo treno, fu distolta da quella tenera scenetta, che tuttavia le tornò in mente più volte durante il viaggio.