Il papa: No alle violenze sui bambini. Chi li uccide nega il futuro
«Non è accettabile ciò che purtroppo abbiamo visto quasi ogni giorno, cioè bambini che muoiono sotto le bombe, sacrificati agli idoli del potere, dell’ideologia, degli interessi nazionalistici. Uccidere i piccoli significa negare il futuro… Servono nuove vie per soccorrere e proteggere i bambini, i cui diritti ogni giorno vengono calpestati e ignorati». Lo ha detto papa Francesco, in occasione dell’Incontro mondiale sui diritti dei bambini dal titolo “Amiamoli e proteggiamoli” che si è svolto nella sala Clementina, in Vaticano, alla presenza, tra gli altri, della regina Rania Al Abdullah di Giordania.
Ancora oggi, ha detto Bergoglio, la vita di milioni di bambini è segnata dalla povertà, dalla guerra, dalla privazione della scuola, dall’ingiustizia e dallo sfruttamento. I bambini e gli adolescenti dei Paesi più poveri o lacerati da tragici conflitti devono affrontare prove terribili. Ma, ha sottolineato, anche il mondo più ricco non è immune da ingiustizie. Ci sono periferie difficili, nelle quali i piccoli sono spesso vittime di fragilità, con giovani ansiosi o depressi e adolescenti che imboccano le strade dell’aggressività o dell’autolesionismo. L’infanzia stessa, come la vecchiaia, viene considerata una “periferia” dell’esistenza e i giovani, che nella società sono segni di speranza, faticano a riconoscerla in se stessi. L’individualismo esasperato li vede vittime di maltrattamenti o uccisi da chi li dovrebbe proteggere e nutrire. Vittime di liti, del disagio sociale o mentale e delle dipendenze dei genitori.
In alcuni casi, ha affermato il papa, «i minori stessi sono costretti a combattere sotto l’effetto di droghe. Anche nei Paesi dove non c’è la guerra, la violenza tra bande criminali diventa altrettanto micidiale per i ragazzi e spesso li lascia orfani ed emarginati».
Molti bambini, ha ricordato Bergoglio, muoiono da migranti nel mare, nel deserto o nelle tante rotte dei viaggi di disperata speranza. Molti altri soccombono per mancanza di cure o per diversi tipi di sfruttamento. «Sono situazioni differenti, di fronte alle quali ci poniamo la stessa domanda: come è possibile che la vita di un bambino debba finire così? No. Non è accettabile e dobbiamo resistere all’assuefazione». L’infanzia negata, spiega il papa, è un grido silenzioso che denuncia l’iniquità del sistema economico, la criminalità delle guerre, la mancanza di cure mediche e di educazione scolastica. Nell’ambito delle Organizzazioni internazionali viene chiamata “crisi morale globale”.
«Oggi – ha proseguito il papa nel suo intervento – siamo qui per dire che non vogliamo che tutto questo diventi una nuova normalità. Non possiamo accettare di abituarci. Alcune dinamiche mediatiche tendono a rendere l’umanità insensibile, provocando un indurimento generale delle mentalità. Rischiamo di perdere ciò che è più nobile nel cuore umano: la pietà, la misericordia».
Eppure, oggi più di 40 milioni di bambini sono sfollati a causa dei conflitti e circa cento milioni sono senza fissa dimora. C’è il dramma della schiavitù infantile: circa 160 milioni di piccoli sono vittime del lavoro forzato, della tratta, di abusi e sfruttamenti di ogni tipo, inclusi i matrimoni obbligati. Ci sono milioni di bambini migranti, talvolta con le famiglie, ma spesso soli. Ci sono circa 150 di milioni di bambini non registrati alla nascita: per loro non c’è protezione della legge e possono essere facilmente maltrattati o venduti come schiavi.
Per il papa, se ascoltiamo i bambini che oggi vivono nella violenza, nello sfruttamento o nell’ingiustizia, si rafforza il nostro “no” alla guerra, alla cultura dello scarto e del profitto, in cui tutto si compra e si vende senza rispetto né cura per la vita, soprattutto quella piccola e indifesa. «In nome di questa logica dello scarto, in cui l’essere umano si fa onnipotente, la vita nascente – ha sottolineato il papa – è sacrificata mediante la pratica omicida dell’aborto. L’aborto sopprime la vita dei bambini e recide la fonte della speranza di tutta la società. I piccoli osservano, capiscono e ricordano. E con i loro sguardi e i loro silenzi ci parlano. Ascoltiamoli!».
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