Il papa, la folla, la Teologia della liberazione

Francesco fende la folla a fatica, nell’esuberanza dell’accoglienza carioca. C’è tanta gente che ripone grande speranza nei suoi gesti e nelle sue parole. Dal nostro inviato
Papa Francesco in Brasile per la Gmg 2013

«È comune da voi sentire i genitori che dicono: “I figli sono la pupilla dei nostri occhi”. Come è bella questa espressione della saggezza brasiliana che applica ai giovani l'immagine della pupilla degli occhi, la finestra attraverso la quale la luce entra in noi regalandoci il miracolo della visione! Che ne sarà di noi se non ci prendiamo cura dei nostri occhi? Come potremo andare avanti? Il mio augurio è che, in questa settimana, ognuno di noi si lasci interpellare da questa domanda provocatoria». Mentre il papa pronuncia queste parole, in diretta televisiva, nel bar di Rio Vermelho a Salvador de Bahia c’è una piccola folla di persone che guarda con attenzione gli schermi, tutti sintonizzati sull’arrivo di Francesco.

«Ieri qui c’era folla per il derby di calcio – dice il proprietario, sulla cinquantina generosa di chili e di sorrisi –, ma oggi è un’altra cosa. Non mi aspettavo proprio tanta gente… E pensare che la tv era sintonizzata sulla ripetizione della finale di volleyball che ieri il Brasile ha perso in Argentina… La gente mi ha chiesto di mettere la tv Globo, che trasmette in diretta l’arrivo del papa argentino!».

È questo il Brasile che in fondo ti aspetti: caloroso e oltremodo attento, desideroso di vivere ogni momento della visita papale a Rio de Janeiro. C’è gente evidentemente cattolica, ma non mancano coloro che non hanno una fede particolare, ci sono i seguaci della religione tradizionale candomblé e non mancano i fedeli delle tante Chiese evangeliche ed evangelicali.

Poco alla volta la partecipazione diventa calorosa. I commenti sulla congestione del traffico umano che blocca la Fiat Idea del papa è fantasmagorica: «Tutti i brasiliani vogliono stringere la mano al papa»; «Il papa adesso resta in Brasile, apre un nuovo Vaticano a Rio. Si sta meglio qui da noi»; «Ma che razza di sistema di sicurezza abbiamo! La polizia qui è capace solo di fare gaffe!». E via dicendo. L’attenzione è massima quando parla Francesco, molto meno quando invece è Dilma Rousseff a prendere il microfono: parte pure qualche fischio nell’uditorio.

Nella sedia accanto alla mia, un uomo sulla sessantina indovina da quello che scrivo e che leggo le mie origini italiane. Mi chiede così se io non sia un giornalista del Bel Paese al seguito del papa! Un po’ sorpreso dalla sua perspicacia, rispondo affermativamente. Comincia allora una raffica di sue domande sul pontefice e sul Vaticano, in particolare a proposito della Teologia della liberazione. È stato seguace di Leonardo Boff, mi sembra di capire, ha lasciato la Chiesa in occasione della sospensione del teologo francescano da parte della Congregazione per la dottrina della fede.

Ora ha una certa speranza risorgente, posta in papa Francesco, piena tuttavia di riserve sulla sua reale capacità di cambiare le carte in tavola nel mondo ecclesiale. Secondo Helio, questo il suo nome, in Brasile ci sono milioni di persone che, come lui, sperano di poter rientrare in qualche modo nella Chiesa cattolica. Gli chiedo che cosa, secondo lui, servirebbe perché una tale prospettiva diventasse realtà. E lui: «Che riaffermasse l’opzione preferenziale per i poveri, che chiudesse lo Ior e le altre istituzioni capitalistiche vaticane, che portasse la Chiesa intera verso uno stle di vita sobrio e che chiudesse il Sant’Uffizio. Dopo aver naturalmente riabilitato Leonardo». Vedremo.

Il Brasile ha cominciato ad amare il papa argentino, questo è certo.
 

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