Il papa in Africa: un viaggio dalla paura al perdono
Due giorni fa il papa è partito in volo per il suo primo viaggio in Africa. Come ha detto lui stesso,"vengo come ministro del vangelo, per proclamare l’amore di Gesù Cristo e il suo messaggio di riconciliazione, di perdono e di pace”.
Nessuna visione mitica dell’Africa, ma la consapevolezza che il vangelo lo si annuncia sempre al cuore dei conflitti. Se la parola di Gesù non è posta come scure alla radice dell’albero della storia, ma ne rimane alla superficie, la si svuota e ci si vergogna di essa.
Se il vangelo della pace non lo si annuncia nel tempo della guerra, tanto meno lo annunceremo nel tempo della pace… Chi fa questa scelta si vergogna di Gesù e del suo servizio fino alla croce.
Quello che abbiamo visto nei giorni scorsi ci turba, ci sconvolge, ci rende figli della paura e questo vale a Parigi, a Bruxelles, a Tunisi, a Beirut, fino ai cieli della Siria, dove è stato abbattuto un cacciabombardiere russo dall'aviazione turca. In un complesso turbinio di alleanze e di scontri, di amici e di nemici, che diventano sempre più incomprensibili e generano un’angoscia senza fine.
Il papa ha fatto bene a voler andare a Nairobi, a Entebbe e a Bangui. Non poteva non andare perchè lo spingeva il vangelo della pace, unico e radicale antidoto al terrore e alla guerra e alle loro seduzioni… Chi crede alla potenza della resurrezione non può tacere nel tempo della paura e della morte per qualche calcolo, pur legittimo, di prudenza.
Nei giorni scorsi, un amico che ha grande affetto per il papa e conosce bene la storia, si mostrava straordinariamente preoccupato. Io gli dicevo che quando un amico, un popolo amico chiama, bisogna andare. Bisogna andare noi, che crediamo nella fraternità che nasce dal mistero del Crocifisso. Una fraternità non secondo il sangue e la carne, ma secondo la fede.
Lo spazio del cristiano è la croce, non le prudenze mondane, con i loro calcoli e temporeggiamenti. Il papa conosce bene i conflitti. Lui ha parlato della terza guerra mondiale fatta a pezzi, ma pone nel realismo della storia il realismo del vangelo, che trae la sua fonte dalla potenza della resurrezione, che spezza la forza dell’odio e della guerra.
Dunque nessuna paura, ma solamente fede nel sale del vangelo e della pace. Il volto di papa Francesco all'aeroporto di Fiumicino era luminoso. Al momento della partenza, la gioia del vangelo lo riempiva e lo preparava ad andare alle periferie del mondo, dove i poveri lo stanno attendendo per benedirlo e abbracciarlo.
Ma il papa fa di più. Non va solamente a Bangui, capitale della Repubblica del Centroafrica, uno dei tre paesi più travagliati dai conflitti insieme al Sud Sudan e alla Siria, ma apre in questa città il giubileo della misericordia, prendo la porta del perdono e della misericordia insieme a quella della cattedrale.
Questa scelta straordinaria è unica ed ha una sua ben precisa motivazione. Innanzi tutto il papa vuole chiedere perdono all’Africa e agli africani per tute le guerre per procura, per il traffico di armi, per lo sfruttamento ad opera dei grandi paesi, dall’Europa alla Cina, per non aver investito con coraggio sul futuro di questo continente, per aver prodotto i bambini soldato, vero scandalo davanti a Dio, per aver finanziato eserciti mercenari e non aver curato i bambini.
Al tempo stesso il giubileo della misericordia,che inizia non a Roma ,ma a Bangui indica la predilezione di papa Francesco per le periferie della storia e soprattutto per i paesi più abbandonati, che sembrano non avere un volto di fronte ai grandi interessi internazionali.
E il futuro dell’Africa, che ha visto milioni e milioni di morti nelle guerre dimenticate, di cui anche i cristiani sono stati colpevoli, sta in una nuova cultura del perdono, della pace e della riconciliazione, che converte e disarma i cuori e le mani e cura le ferite dei popoli africani. Essa diventa anche appello alla conversione per l’occidente e per i grandi popoli europei che spesso hanno usato l’Africa come serbatoio in cui raccogliere anche i loro interessi incoffessabili…
Andando a Bangui in queste ore drammatiche, dove la guerra sembra travolgere ogni cosa, papa Francesco ricorda al mondo che non esistono i popoli scarto, ma esistono i popoli, che vanno rimessi in piedi in forza del perdono e della riconciliazione, non certo con le armi, che hanno invaso l’Africa e l’hanno fatta a pezzi.
Ma Bangui e l’apertura del giubileo della misericordia in questa città, centro di conflitti, rinvia alla grande lezione di Nelson Mandela, al tema dell’ubuntu e del perdono, al tema della commissione “verità e riconciliazione”..
Il papa va senza auto blindate non per sfidare qualcuno, ma perché la pace, il perdono e la riconciliazione vanno annunciate in modo coerente, senza protezioni mondane che solo apparentemente proteggono, mentre in realtà servono ad allontanare l’incontro e il dialogo che, soli, davvero guariscono.
Dunque sono giorni e ore di preghiera, per accompagnare papa Francesco in questo servizio alla pace. Solo la preghiera protegge in questo viaggio della pace e conduce papa Francesco al cuore degli africani, a cui chiederà il dialogo con tutte le confessioni religiose, per inseguire la pace sulle vie dell’Africa, dove incontrerà i poveri, benedetti da Dio, e i pacifici, che Dio stesso chiamerà suoi figli.
Se Gesu è il volto della misericordia, come il papa ha scritto nella bolla giubilare, in questi giorni il volto di Gesu è impresso nel volto dell’Africa e degli africani, che cercano la pace e il perdono, che chiedono di essere perdonati per perdonare.