Il papa e il lavoro

Nella sua visita a Cambobasso, capoluogo molisano, Jorge Mario Bergoglio lancia un forte messaggio sulla necessità di poter portare a casa il pane necessario alla famiglia. Parole inequivocabili
Il papa a Campobasso

Nella sua visita a Campobasso, caratterizzata dalla semplicità e dalla “scomparsa” delle autorità, dei “potenti” e di chi di solito ha le prime file ovunque, il papa ha voluto privilegiare, incontrando in questo la sensibilità a tutta prova dell'arcivescovo, mons. Giancarlo Bregantini, la difesa dei più poveri, degli ultimi. Lo ha fatto semplicemente tracciando un programma di incontro con la sofferenza e la povertà, ma anche pronunciando parole che obbligano tutti coloro che hanno responsabilità su di altri esseri umani a un profondo esame di coscienza.

«Non avere lavoro non è solo non avere il necessario per vivere. No, noi possiamo mangiare tutti i giorni, andare alla Caritas o altre associazioni, mentre il problema è non portare il pane a casa. Questo toglie la dignità», ha detto il papa all'incontro tenutosi all’Università del Molise. «Il problema più grave non è la fame, è la dignità: dobbiamo difenderla. La dà il lavoro». Per questo, ha precisato Francesco, «oggi vorrei unire la mia voce a quella di tanti lavoratori e imprenditori di questo territorio nel chiedere che possa attuarsi anche qui un “patto per il lavoro”», necessario per «rompere gli schemi» e trovare soluzioni insperate. «È vero – ha aggiunto –, il nostro Dio è Dio delle sorprese: ogni giorno ce ne fa una. Dio è così, è così il nostro padre. Dio rompe gli schemi: se non rompiamo gli schemi, non andremo mai avanti. Perché Dio ci spinge a questo: a essere creativi verso il futuro».

Assieme al lavoro, papa Bergoglio ha riproposto il tema a lui caro della famiglia: «Si tratta di conciliare i tempi del lavoro con i tempi della famiglia», ha ricordato al mondo del lavoro e dell’industria. Il papa ha invitato a cercare il «punto critico», che «ci permette di discernere, di valutare la qualità umana del sistema economico in cui ci troviamo». Tutto ciò per ricordare che la disoccupazione è «una piaga che richiede ogni sforzo e tanto coraggio da parte di tutti», come ha detto nella grande messa per la regione intera. Continuando così: «Vi incoraggio tutti, sacerdoti, persone consacrate, fedeli laici a perseverare (…) servendo Dio nel servizio ai fratelli e diffondendo dappertutto la cultura della solidarietà. C’è tanto bisogno di questo impegno, di fronte alle situazioni di precarietà materiale e spirituale, specialmente di fronte alla disoccupazione».

Il papa ha poi voluto affrontare la questione del lavoro domenicale, per rifiutare la festa trasformata in giorno feriale, non solo per motivi religiosi ma anche per una scelta etica fondamentale. «La questione della domenica lavorativa, che non interessa solo i credenti, ma interessa tutti, come scelta etica. La domanda è: a che cosa vogliamo dare priorità? La domenica libera dal lavoro, eccettuati i servizi necessari, sta ad affermare che la priorità non è all’economico, ma all’umano, al gratuito, alle relazioni non commerciali ma familiari, amicali, per i credenti alla relazione con Dio e con la comunità». E ha precisato: «Forse è giunto il momento di domandarci se quella di lavorare la domenica è una vera libertà». Anche perché non è possibile lasciare da parte l'imperativo di una sana educazione. Ha proseguito papa Bergoglio: «Quando le persone vengono da me a confessarsi io chiedo loro: “Tu giochi con i tuoi bambini?”. E loro mi rispondono: “Come, padre?”. Bisogna giocare con i bambini, bisogna perdere tempo con loro. Stiamo perdendo questa saggezza. La situazione economica ci spinge a questo. Per favore, bisogna perdere tempo con i propri bambini».

Presente nelle parole del papa anche la questione ambientale: «Questa è una delle più grandi sfide della nostra epoca: convertirci ad uno sviluppo che sappia rispettare il creato», ha detto. Aggiungendo queste parole: «Io vedo l’America, che è la mia patria: tante foreste spogliate, che diventano terra che non si può coltivare, che non può dare vita». Arriva così l’invito agli agricoltori affinché non abbandonino la terra: «Per un contadino restare sulla terra non è rimanere fisso: è un dialogo fecondo, creativo. Il dialogo di un uomo con la sua terra la fa fiorire, la rende feconda. E questo è importante».

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