Il papa ai giovani: vivete un amore casto e rispettoso degli altri
Inconfondibili, con la loro maglietta color panna, zainetto in spalle e badge al collo e qualche occhiaia per la notte passata all’addiaccio, sono i 10mila ragazzi che hanno partecipato a Torino all’Happening dei Giovani, una piccola GMG regionale (e non solo) voluta fortemente dall’arcivescovo Nosiglia, culminata con l’incontro con papa Francesco nell’ambito della sua visita nel capoluogo piemontese.
Uno degli appuntamenti dell’Happening è stata la veglia di sabato sera, presieduta da Nosiglia e dagli altri vescovi del Piemonte: un momento per riflettere su quell’“Amore più grande”, titolo dell’Ostensione di quest’anno, pronto ad arrivare #FinoAllaFine, come recita lo slogan lanciato da don Luca Ramello, il responsabile della Pastorale giovanile diocesana. La cornice di questo momento di preghiera è la suggestiva struttura all’aperto ricavata da quel che rimane delle imponenti antiche Ferriere Fiat, a nord della città.
Qualche ora di sonno, e poi di buon ora i giovani si sono spostati verso piazza Vittorio, per incontrare il papa, soprattutto nell’oretta dedicata a loro nel pomeriggio, momento a cui si sono aggiunti tanti altri giovani della città. Sullo sfondo la chiesa della Gran Madre e il verde della collina torinese incastonato nel cielo azzurro sembravano volersi aggiungere all’abbraccio con cui la piazza stracolma di giovani, e di chi giovane lo è rimasto dentro, ha sommerso Francesco al suo arrivo.
Papa Francesco passa a salutare i presenti in tutti i settori ed ognuno può portarsi a casa lo sguardo intenso con cui guarda chi lo saluta da dietro le transenne. E quando sale sul palco, non si risparmia. Come spesso gli accade, papa Francesco va a braccio, con un discorso decisamente più lungo di quello preparato, declinato in parole che sanno poco di sacrestia, e molto più, invece, incarnate nel mondo d’oggi, che possono arrivare ed essere comprese da tutti: quasi come se Francesco conoscesse l’eterogeneità della piazza che ha di fronte a lui.
Le domande che i giovani gli pongono sono impegnative: cos’è l’amore, come non cadere nel senso di sfiducia, come vivere l’amicizia in modo aperto per trasmettere la gioia del vangelo. E le sfide che lancia Francesco sono all’altezza degli interrogativi posti. Il suo è un invito all’azione: chiede ai giovani di non andare in pensione a 20 anni, indicando loro la chiave per non incorrere nel rischio di un amore che non rimane parola, ma che si fa concretezza, declinandone alcuni aspetti. «E quando il giovane ama, vive, cresce, non va in pensione. Cresce, cresce, cresce e dà». Vivere e non vivacchiare, papa Francesco ripete l’invito del beato Pier Giorgio Frassati più volte nel suo discorso.
Non sono solo parole le sue, perché l’applauso più sentito della piazza sarà quando, dopo aver ascoltato la domanda di Chiara, giovane in carrozzina, i maxi-schermi lo mostrano mentre si alza, percorre i pochi metri che lo separano da lei, si china e le dà un leggero bacio sulla testa.
Ha una richiesta specifica da fare papa Francesco, ai giovani piemontesi: andare controcorrente e vivere un amore casto, rispettoso degli altri. E usa parole forti e decise per strigliare quei cristiani complici dell’industria delle armi, corresponsabili delle guerre che hanno falcidiato il mondo nell’ultimo secolo: «Questa è ipocrisia, parlare di pace e fabbricare armi».
Il Papa invita ancora una volta i giovani ad uscire, a mettersi a servizio. «Come posso vivere una vita che non mi deluda?», è la domanda che Francesco prova a far sua mettendosi nei panni dei giovani. Il papa dà l’impressione di non essere, come si descrive ad un certo punto, una persona che parla così perché «lei è in Vaticano, ha tanti monsignori lì che le fanno il lavoro, lei è tranquillo e non sa cosa è la vita di ogni giorno», ma dimostra di essere entrato profondamente nelle sfide che i giovani vivono e non conoscerle per sentito dire. Per uscire dal senso di sfiducia li invita ad essere promotori di progetti di condivisione e di costruzione. Li invita ad un “fare controcorrente” rispetto alla cultura edonista, consumistica, di valori da “bolle di sapone“, con coraggio e creatività.
L’ultimo appello, prima di salire sulla papamobile, era stato per gli universitari presenti in piazza: «Qui voi siete tanti universitari, ma guardatevi dal credere che l’università sia soltanto studiare con la testa: essere universitario significa anche uscire, uscire nel servizio, con i poveri, soprattutto!».