Il papa affida l’Italia a Maria
220 vescovi italiani riuniti presso la basilica di Santa Maria Maggiore per una solenne preghiera di affidamento della nazione a Maria come madre e vincolo d’unità
La cornice è la Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma dove sul bronzo della Porta santa è incisa la raffigurazione del Concilio di Efeso che confermò a Maria il titolo di Theotokos, madre di Dio.
220 vescovi italiani hanno partecipato all’atto di affidamento a Maria, presieduto da Benedetto XVI. Maria ricordata come Mater unitatis, madre dell’unità. A Lei il papa ha affidato l’intero popolo italiano e le sfide più impellenti: la costruzione del bene comune, la tutela della vita umana, il sostegno alla famiglia, l’accesso ad una dignitosa occupazione per superare il diffuso precariato lavorativo.
Nel centocinquantesimo dell’unità d’Italia il papa invita «i fedeli laici a vincere ogni spirito di chiusura, distrazione e indifferenza e a partecipare in prima persona alla vita pubblica». A «rinnovare le occasioni d’incontro nel segno della reciprocità, tra Settentrione e Mezzogiorno» esaltando le rispettive virtù e risorse a beneficio dell’intera nazione.
Maria è presentata come artefice d’unità del Paese a cui affidare l’intero popolo italiano «per rinsaldare il vincolo nazionale e superare ogni pregiudiziale contrapposizione (…) per cercare insieme ciò che veramente giova al bene del Paese».
E, del resto, nella storia personale di Maria si intreccia un disegno d’unità che le permette di legare cielo e terra, di rendere possibile l’Incarnazione per la fiducia di Dio in una donna. In lei anche «si coglie – sottolinea Benedetto XVI – in filigrana il disegno unitario che intreccia i due Testamenti».
Maria è madre dell’unità perché «Maria genera il Figlio (…) che è possibilità per ogni uomo di rinascere dall’alto, di vivere nella volontà di Dio e quindi di realizzarsi pienamente».
Quella vita buona nata dal Vangelo che ha cementato l’identità nazionale degli italiani prima ancora della conquistata unità politica, è espressa nella cultura, nell’arte, nella fede popolare. Vita evangelica da riscoprire. E sembra che il papa inviti a tornare a guardare Maria come modello di «accoglienza, umiltà, fedeltà, lode e attesa» per ritrovare le radici e le ragioni dell’identità nazionale, oltre le divisioni degli ultimi tempi e l’indecenza del teatrino della politica.
Nella storia del cristianesimo gli atti di affidamento a Maria sono cosa consueta e una forma precisa del culto cristiano, ma prende particolare rilievo dopo le rivelazioni di Fatima in cui la Madonna chiede a Suor Lucia di pregare per la Russia. Da allora sono stati diversi gli atti di affidamento a Maria.
Ricordiamo il radiomessaggio di Pio XII ai pellegrini di Fatima del 30 ottobre 1942, in cui consacra il mondo e la Chiesa al Cuore Immacolato di Maria, sicuro che Maria aiuterà il mondo a liberarsi dalle discordie, dall’odio e dalle iniquità che lo affliggono e proteggerà la Chiesa. A pochi mesi dalla morte, nell’Enciclica “Meminisse iuvat” del 14 luglio 1958, Pio XII ricorda di nuovo la consacrazione del mondo a Maria fatta durante la seconda Guerra mondiale.
E Giovanni XXIII, in un radiomessaggio del 13 settembre del 1959 a chiusura del Congresso eucaristico di Catania, dirà: «La Consacrazione a Maria diventa un motivo di profondo impegno nella pratica delle virtù cristiane, un effettiva protezione contro i mali che ci minacciano, una sorgente anche di gioia temporale, secondo gli insegnamenti di Gesù Cristo».
Lo stesso Paolo VI chiude la terza sessione del Concilio Vaticano II rinnovando la Consacrazione del mondo al cuore immacolato di Maria fatta da Pio XII.
Dopo l’attentato a Giovanni Paolo II del 13 maggio del 1981, il papa volle leggere il terzo segreto di Fatima e compose egli stesso una preghiera per quello che definì «Atto di affidamento» da celebrarsi nella Basilica di Santa Maria Maggiore il 7 giugno 1981. Preghiera che non poté leggere perché ancora in convalescenza e che fu registrata e trasmessa in audio nella Basilica mariana per eccellenza di Roma.
Atto che fu, poi, ripetuto a Fatima il 13 maggio 1982. Nel ricordo del Fiat pronunciato da Maria al momento dell’Annunciazione, il 25 marzo 1984 in piazza San Pietro, in unione spirituale con tutti i Vescovi del mondo, precedentemente « convocati », il Papa affida al Cuore Immacolato di Maria gli uomini e i popoli, con accenti che rievocano le accorate parole pronunciate nel 1981.
Eravamo nel 1984; cinque anni più tardi quello che sembrava impossibile avvenne, il comunismo crollò, ma ancora è molta la strada da fare è lunga perché si realizzi la profetica preghiera di Giovanni Paolo II rivolta a Maria:
«Dalla fame e dalla guerra, liberaci!
Dalla guerra nucleare, da un’autodistruzione incalcolabile, da ogni genere di guerra, liberaci!
Dai peccati contro la vita dell’uomo sin dai suoi albori, liberaci!
Dall’odio e dall’avvilimento della dignità dei figli di Dio, liberaci!
Da ogni genere di ingiustizia nella vita sociale, nazionale e internazionale, liberaci!
Dalla facilità di calpestare i comandamenti di Dio, liberaci!
Dal tentativo di offuscare nei cuori umani la verità stessa di Dio, liberaci!
Dallo smarrimento della coscienza del bene e del male, liberaci!
Dai peccati contro lo Spirito Santo, liberaci! liberaci!».