Il padre dei miei figli
Un dramma familiare, che riesce a trasformare il dolore cupo della morte nella fiducia nella vita che continua. Finalmente un bel film.
Grégoire (Louis-Do de Lencquesaing) è un giovane e vincente produttore francese, un eroe solitario che combatte contro tutti e tutto pur di affermare la propria compagnia indipendente. Ha una splendida moglie (Chiara Caselli) e tre figlie, con cui vive in un rapporto di grande complicità.
L’ombra dei debiti tuttavia inizia ad assillarlo e l’ipotesi della bancarotta si fa vicina. La famiglia gli si stringe intorno, lo ricolma d’affetto, ma la tragedia non viene evitata. Spetta alla moglie, uscita dall’ombra, diventare lei “il padre”, e non solo la madre, delle figlie.
Ispirato alla vicenda reale del produttore cinematografico Humbert Balsan, il film racconta senza retorica il mestiere del cinema, ma nello stesso tempo omaggia con un ritratto luminoso la vita di una famiglia armoniosa. Dramma, leggerezza, verve condiscono il racconto in cui gli attori forniscono un’ottima prova, in particolare la nostra Caselli, che sembra rinata.
Non eccessivamente parlato – un tic, una volta tanto evitato dal cinema francese -, narrativamente svelto, impietosamente contemporaneo (si vedano le scene con gli immigrati o i banchieri), il lavoro della regista ventinovenne Mia Hansen-Løve, vincitore della sezione “Un certain regard” a Cannes, è ricco di sfumature sensibili, viste dall’occhio femminile.
Questo dramma familiare, che non rifugge da momenti spirituali (le scene nella cappella dei Templari) riesce tuttavia a trasformare il dolore cupo della morte nella fiducia nella vita che continua.
Finalmente, un bel film.