Il notaio è sempre e solo caro?
Sulle liberalizzazioni proposte dal Governo
“Liberalizzazioni” dà l’idea di qualcosa che ha bisogno di essere “liberato” perché bloccato e, subito dopo, giungere ad un cambiamento che comporterà un migliore sistema di vita; nel nostro caso, in particolare, a un risparmio di spesa.
Ma l’attività notarile è imbrigliata? Se sì, da cosa?
L’attività notarile è volta al controllo preventivo di legittimità degli atti, ad una funzione di adeguamento (avvicinamento e conformazione) delle volontà delle parti alle leggi con l’incombenza di ristabilire asimmetrie informative, di operare super partes e di fare applicare anche le norme tributarie fungendo, nel contempo, da esattore gratuito, di attuare continuamente conciliazione fra i vari interessi e quelli dello Stato.
È una cerniera tra il privato, famiglia, impresa e lo Stato in una difficile posizione di equilibrio, spesso anche lanciata in prima linea su un terreno inesplorato o malamente tracciato dalle norme.
Funzione primaria del notaio, per legge, è questa.
In base alle leggi non c’è notaio se non in funzione di un territorio a cui badare (si noti non “da cui attingere”!). Questa è la ragion d’essere (il motivo per cui sono stati istituiti) dei Distretti Notarili, del numero “programmato” (non “chiuso”) delle sedi e di tutte le norme che “comprimono” l’agire del notaio, non ne “costituiscono” la riserva. Se così non fosse, ognuno sarebbe libero di dedicarsi alle città o località “benestanti” trascurando ovviamente quelle meno redditizie.
Invece la preoccupazione del Legislatore tuttora valida è di garantire il servizio in maniera capillare, accurato, professionale, responsabile, autonomo, indipendente, con la conseguenza che il notaio deve avere uno staff di studio e apparecchiature costose per predisporre i controlli e preparare gli adempimenti a beneficio della Pubblica Amministrazione con un risparmio di spesa dell’apparato statale, quindi con un risparmio di spesa per tutta la collettività.
Egli entra spesso nella sfera famigliare e privata dei suoi “pazienti” con la necessità di relazionarsi non solo giuridicamente ma anche umanamente al meglio.
Il controllo di legittimità sugli atti non può essere assoggettato alle norme sulla concorrenza tout-court.
Bisogna assicurarsi piuttosto della qualità del servizio che non può essere abbandonata alle regole del libero mercato come fosse un qualsiasi servizio o prodotto commerciale.
Il controllo di legittimità degli atti non è fine a se stesso, appartiene alla credibilità del sistema dei registri pubblici (ad esempio, per conoscere chi sia il proprietario di un immobile occorre che la Conservatoria dei Registri Immobiliari sia attendibile), serve quale valore fondamentale di un’economia che ha bisogno di affidabilità e credibilità nei rapporti che sono il volano della stessa crescita.
Operando un abbassamento del livello di guardia in tale settore, apparentemente si agevolerà il “consumatore” ma, di fatto, si creeranno falle nel sistema delle contrattazioni che, finora, ha dato ottimi risultati per riconosciuta affidabilità (generalmente parlando) nel nostro sistema Italia.
L’assunto, ovvero il miraggio di un risparmio di spesa, è totalmente smentito dai maggiori costi del sistema di “common low” che, oltre alle rovine sotto gli occhi di tutti, ha comportato un disastro la cui onda travolgente è giunta oltre Oceano.
Le regole sono necessarie e nella cultura latina è meglio verificarne il rispetto in via preventiva mediante un soggetto terzo indipendente dai poteri forti e non “influenzabile”, la cui fidelizzazione comporta anche un’adeguata remunerazione.
Non dimentichiamo, però, che in un sistema di secolare solidarietà i notai stessi sostengono quelli tra loro che sono a servizio in sedi meno fortunate. Per questo tutti i notai versano, sulla base di una necessaria tariffa ministeriale, una parte dei loro onorari repertoriali alla Cassa Nazionale del Notariato che, tra l’altro, provvede al pagamento di un assegno integrativo per un minimo di vita decorosa; in un sistema di “solidarietà pura” per riguardo alla pubblica funzione svolta e non alle singole posizioni individuali. L’anno scorso circa 700 notai in Italia sono risultati integrabili: quindi, con scarse entrate.
Perché nei luoghi comuni dell’opinione pubblica, generalmente, si nutre diffidenza riguardo la categoria professionale dei notai, dicendo che sono “costosi”?
Certamente perché non si conoscono tutti i costi, imposte e tasse correlate ed i tempi di lavorazione (prima e dopo l’incontro col notaio) necessari per istruire e svolgere gli adempimenti con sistemi spesso costosi di trasmissione telematica delle imposte, tasse e volture a beneficio della Pubblica Amministrazione.
Nel suo complesso il sistema del notariato si accolla, inoltre, costi per le Scuole di Notariato, borse di studio per i meno abbienti, polizza assicurativa di RC, fondo di garanzia, formazione per Scuole di Notariato e per CFP (Crediti Formativi Professionali), spese per il funzionamento delle Commissioni di Disciplina già da tempo presiedute da un Magistrato e fuori Distretto.
Tutte cose che nei recenti provvedimenti vengono richieste alle professioni ordinistiche, e che il notariato aveva già attuate. Come il tirocinio a 18 mesi, di cui i primi sei nell’ultimo anno del corso di laurea, in vigore dal 2006.
Ciò vuol dire che non tutto quello che viene versato al Notaio resta nelle sue tasche, al di là delle imposte e tasse per cui egli rende un servizio gratuito di esattoria per lo Stato, ma anche per tante altre attività sussidiarie meno note rispetto all’assegno integrativo: maternità; polizza sanitaria per notai, dipendenti Cassa e famigliari; pensioni calcolate in base agli anni di esercizio e non in base agli onorari (più o meno fortunati) repertoriali; ecc.
L’anagrafe smentisce un altro luogo comune, secondo il quale la professione notarile passerebbe di padre in figlio:
– ben l’82,5% dei notai in esercizio non siamo figli di notaio;
– quasi il 30% dei notai eè donna, e il dato sfiora il 50% nell’ultimo concorso.
Succede però che, in genere, la gente comune non è adeguatamente informata sui costi che effettivamente il notaio sopporta per conto del cittadino. Questo avviene anche per colpa del notaio, che non comunica adeguatamente tutto ciò che fa per il cittadino e per lo Stato. Il notaio “non ha saputo vendere” il proprio prodotto ed ora si trova a dover giustificare o difendere quelle che sono legittime e normali posizioni, non privilegi.
Se si parte dal comprendere la delicata e importante funzione pubblica che il notaio svolge capillarmente sul territorio, dando la medesima importanza all’atto che compie a prescindere dal costo di scarsa retribuzione come a quello di maggiore retribuzione, spesso ristabilendo le asimmetrie informative tra parti diversamente preparare, si accetta la necessità del numero programmato (non chiuso); per questo la pianta organica è formata dal Ministero della Giustizia periodicamente in base alle esigenze e richieste di Comuni, C.C.I.A.A., Tribunali, Procure della Repubblica ecc.
Se guardiamo l’esperienza olandese, dove la cosiddetta liberalizzazione è iniziata nel 1999, si comprende quanto male ne sia scaturito circa la qualità del servizio notarile, con l’aggravio di contenzioso e l’impoverimento delle forze lavoro.
In Italia tra notai, loro impiegati, assistenti esterni, visuristi, esperti informatici e indotto bisogna contare più di 70.000 unità, finora adeguatamente occupati. Alla luce della débâcle estera non riesco a immaginare quanti resteranno occupati e potranno mantenere il posto di lavoro.
È interessante andare a leggere il rapporto del Ministero della Giustizia olandese sul notariato pubblicato nel 2011, che rileva, fra l’altro, quanto segue.
La nuova legge sui Notai (Wne) è stata introdotta nel 1999. Uno dei suoi presupposti era che un mercato più libero avrebbe comportato una migliore qualità dei servizi notarili. Ma proprio questa convinzione che aveva guidato il legislatore è stata smentita. La nuova legge ha infatti aumentato la concorrenza all’interno della professione notarile. La liberalizzazione delle tariffe notarili ha portato concorrenza sui prezzi, a volte in combinazione con nuove iniziative di mercato. Come conseguenza della crisi economica, la richiesta di atti immobiliari si è ridotta drasticamente negli ultimi anni. Questi due fattori, i tempi di difficile congiuntura economica e l’aumento della concorrenza, si sono sommati arrivando a condizionare la qualità dei servizi. Questo ha, a sua volta, aumentato la tensione tra il ruolo dei notai come funzionari pubblici e il loro ruolo di liberi professionisti. L’importanza finanziaria o la durata di una pratica iniziano a pesare più della qualità del lavoro svolto e della cura per i clienti.
I Notai ritengono che la concorrenza nella professione notarile ne stia modificando la “mission”. C’è la sensazione che i valori fondamentali della professione notarile – imparzialità, indipendenza ed integrità – siano stati messi sotto pressione. Per difendere questi valori e per salvaguardare la qualità delle transazioni immobiliari occorrerebbero tariffe minime da applicare al consumatore nelle transazioni immobiliari.
Torniamo in Italia e passiamo a stigmatizzare uno degli esercizi più di moda negli ultimi tempi: scrivere “contro” alimentando luoghi comuni falsi e tendenziosi. Ad esempio nel libretto Contro i notai, di M. Morello e C. Tecce, appare evidente l’acredine e l’obiettivo denigratorio con cui è stato scritto. Vi si trovano gratuità fuorvianti anche nella lettura di aspetti particolari, a me ben noti per la carica che ricopro, in materia di Cassa previdenziale. Ad esempio, gli Autori ci accusano di avere impiegato i danari della previdenza notarile in modo da evitare di cadere nel rischio di inseguire la speculazione internazionale con investimenti in titoli tossici, rivelatisi poi fatali: non abbiamo difficoltà ad ammettere questa che, a loro giudizio, appare essere una colpa, mentre è una dimostrazione di prudenza.
Ancora, ci si accusa di avere amministrato in modo oculato il patrimonio derivante dalle somme versate ogni anno dai notai in esercizio, tanto da averlo, via via, incrementato e consolidato, in modo da poter fare efficacemente fronte al pagamento delle pensioni ed al sistema di welfare collegato. Anche qui siamo costretti ad ammettere che abbiamo badato alla tutela del risparmio previdenziale dei notai, mai dimenticando, come abbiamo fatto anche recentemente con importanti investimenti in titoli di Stato del nostro Paese, il ruolo di interesse sociale della Cassa, importante investitore istituzionale insieme alle altre Casse professionali, a vantaggio della stabilizzazione finanziaria e dello sviluppo dell’Italia, fermo restando il dovere di tutelare le pensione ed i servizi per gli iscritti.
Del resto, la Cassa assolve al compito di assicurare ai notai il trattamento previdenziale affidatole dalla legge, senza nessun intervento o integrazione da parte dello Stato che, anzi, non assicura neppure un trattamento fiscale analogo a quello assicurato, in modo più favorevole, ad esempio, non solo ad enti, come l’Inps, che svolgono su scala numericamente più significativa la stessa funzione, ma addirittura alle società private. Di più, la Cassa, a totale carico della categoria, con i denari della previdenza notarile garantisce, attraverso lo strumento dell’integrazione reddituale, la presenza del servizio notarile su tutto il territorio nazionale, anche laddove esso non appaia economicamente sostenibile.
È una scelta che trova radice nelle ragioni fondanti l’esperienza della Cassa quando, nel 1919, all’indomani della Grande Guerra, si trattò di ricostruire, sulle macerie, anche il servizio notarile, con l’affermazione di quel principio di mutualità in base al quale, ancora oggi, l’ammontare delle pensioni è in funzione degli anni di servizio prestato e non dell’ammontare dei versamenti effettuati che, ovviamente, risentono anche del contesto economico in cui ricade la sede assegnata.
In sintesi, questi i “privilegi” di cui gode la “casta notarile”: pensioni eguali per tutti in ragione dell’anzianità di servizio, imposte più alte sulla gestione del patrimonio previdenziale, nessun intervento integrativo da parte dello Stato, finanziamento a carico della categoria del sostegno ai redditi dei notai delle zone disagiate e di iniziative a favore dei giovani notai all’inizio della carriera.
Davvero vantaggi intollerabili!
In conclusione, che dire? Le liberalizzazioni hanno sapore di risparmio, ma non sempre il risparmio è un guadagno!
Dott. Antonio Caputo, Notaio nel Distretto di Parma e Consigliere della Cassa Nazionale del Notariato